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27 novembre 2013

Baz Luhrmann chiamato per dirigere il Napoleon

Il sito Deadline pubblica in esclusiva la notizia che il regista Baz Luhrmann sarebbe in trattative con la HBO per dirigere una miniserie TV tratta dalle ricerche di Kubrick su Napoleone Bonaparte.

I tentativi per portare sullo schermo il Napoleon di Kubrick erano iniziati poco dopo la morte del regista nel 1999. Jan Harlan aveva dapprima contattato Ridley Scott e Ang Lee ma senza successo, restando sbigottito che i due avessero lasciato passare il malloppo di soldi:
"Ridley Scott sa che abbiamo il materiale e che l'abbiamo passato a Ang Lee," afferma Harlan. "La cosa sciocca fu che avevo messo Steven Spielberg e Ang Lee insieme al tavolino e nonostante dicessi 'Ehi, questa è una cosa vera' rispetto a Hulk loro presero e andarono a fare Hulk. Che posso farci?"
Dopo l'uscita del libro della Taschen nel 2006 il progetto aveva ripreso vita e nel 2011 era stato annunciato un documentario prodotto dalla Creative Differences, di cui ad oggi si sono perse le tracce.

Jan Harlan non aveva mollato la presa, tanto che lo scorso marzo Steven Spielberg aveva dichiarato in un'intervista francese che avrebbe prodotto una miniserie TV dal progetto. Durante l'estate c'erano anche state voci di location scouting nella costiera amalfitana. Oggi questo ennesimo tentativo pare concretizzarsi per la HBO (network che produce serie di tutto rispetto quali True Blood, Boardwalk Empire e Game of Thrones), con il regista di Il Grande Gatsby e Moulin Rouge! dietro la cinepresa.

Va ricordato che qualsiasi strombazzata faranno, sotto lo stendardo del "Steven Spielberg produce un film di Baz Luhrmann scritto da Stanley Kubrick", sarà solo marketing: i copioni di Kubrick sono sempre stati giudicati insoddisfacenti dal loro autore: come scrivevo a proposito di una lettera di Kubrick a Anthony Burgess chiamato a scrivere un libro-sinfonia su Napoleone come base per il film, dopo aver scritto di proprio pugno un trattamento e una sceneggiatura tra il 1969 e il 1971, nel 1972 Kubrick non era ancora soddisfatto dello script, sul quale poi non metterà più mano nei venticinque anni a venire. Sarà divertente ricordare a Jan Harlan le stesse sue interviste in cui, per difendersi dalle accuse di Frederic Raphael che gridava alla lesa maestà del copione di Eyes Wide Shut, affermava che gli script di Kubrick erano solo un canovaccio per stilare un piano di produzione e che non venivano mai seguiti durante le riprese. Tenetevele a mente quando diranno che Kubrick sarebbe andato fiero di questa miniserie.

Un paio di settimane fa era stato annunciato che Rupert Sanders, regista di Biancaneve e il Cacciatore, aveva firmato un contratto con la Warner Bros. per un biopic cinematografico sulla vita dell'imperatore corso. Il coinvolgimento della Warner aveva fatto pensare allo script di Kubrick, ma questo progetto cinematografico non ha in realtà nulla a che vedere con il nostro né con Jan Harlan, essendo infatti prodotto da Gianni Nunnari di 300 con uno script di Jeremy Doner, sceneggiatore di alcune puntate della serie The Killing, che è stato giudicato molto cruento con Napoleone ritratto "come un gangster alla Scarface".

C'è forse da sperare che questa (come dire) originale visione del personaggio batta sul tempo e affondi la corazzata Harlan-Spielberg-Luhrmann come già aveva fatto il Waterloo di Bondarchuk per il Napoleon (questo sì) di Kubrick?

18 novembre 2013

The Peter Sellers Story: le parti con Stanley Kubrick

The Peter Sellers Story è un documentario trasmesso dalla BBC nel 1995 che copre la vita del geniale attore attraverso i filmini casalinghi che Sellers stesso ha girato con le sue cineprese. Il documentario dura circa tre ore; per chi fosse interessato solo alle parti che riguardano Stanley Kubrick, ho caricato su Youtube il seguente estratto da 17 minuti.



Gli estratti coprono gli anni in cui Sellers, diventato famoso anche negli Stati Uniti, fu contattato da Stanley Kubrick per interpretare Clare Quilty nel film Lolita e successivamente per dar vita ai personaggi multipli in Il Dottor Stranamore.

Il produttore James B. Harris ricorda come contattarono Sellers e perché la produzione di Lolita fu spostata in Inghilterra. Kubrick è ritratto con Harris, sua moglie Christiane e alcuni membri del cast di Lolita mentre giocano a tennis nel giardino della villa di Peter Sellers. Assieme ad un brevissimo filmino girato dallo scrittore Terry Southern, e ai frammenti inclusi nel documentario A Life in Pictures, questi sono gli unici momenti in cui si può vedere Kubrick dal vivo fuori da un set cinematografico.

Alcuni amici e collaboratori di Sellers raccontano il suo rapporto con Kubrick e vengono letti estratti dalle interviste del regista in cui elogia l'attore. Una clip da una trasmissione televisiva americana vede Sellers raccontare come creò il folle Dr. Stranamore prendendo ispirazione dalla voce del fotografo Weegee (Arthur Fellig). Un nastro registrato da Sellers con la voce di Weegee viene riprodotto e si può ascoltare il fotografo parlare del suo soprannome e del suo lavoro.

Questa trasmissione-fiume, disponibile interamente sul canale Vimeo del regista Peter Lydon in tre parti, è stata rimontata in un documentario di 90 minuti intitolato The Peter Sellers Story: how he filmed it che include gli stessi estratti con Kubrick ed è facilmente reperibile su Amazon.uk.

20 ottobre 2013

Pablo: documentario su Pablo Ferro

E' in arrivo un documentario sul geniale artista Pablo Ferro, responsabile degli ironici titoli di testa del Dr Stranamore e del rivoluzionario trailer di Arancia Meccanica.



Nell'attesa di vedere il documentario, questo ritratto di Pablo Ferro, tirato fuori dagli archivi di Emilio D'Alessandro che ha conosciuto il designer durante la lavorazione di Arancia Meccanica, dà un'idea abbastanza chiara del personaggio.

13 settembre 2013

Torna Kubrick su Kubrick

Cari,
per chi avesse perso il mio corso sul cinema di Kubrick e non se ne fosse fatto una ragione, segnalo che "Kubrick su Kubrick" torna nelle prossime settimane a Roma e a Padova.

A Roma il corso fa parte della settimana del RomaFotoFestival, organizzata dalla Scuola Romana di Fotografia: il corso si terrà lunedì 23 e mercoledì 25 settembre dalle ore 14:00 alle 19:00 in Via Giosuè Borsi 18. Il corso è gratuito e per iscriversi è sufficiente inviare un'email all'indirizzo della scuola allegando una breve biografia personale e indicando "Kubrick su Kubrick" come lecture di interesse. Oppure potete telefonare al numero 06.4957245. Qui accanto il ricco calendario degli eventi offerti dalla scuola, tutti gratuiti.

In un weekend di novembre da definire sarò poi a Padova, ospite dell'associazione Nuvole in Viaggio. Il corso si terrà presso il Circolo Carichi Sospesi, vicolo del Portello 12. Il costo del corso è di 50 Euro e per iscriversi basta mandare un'email a assonuvoleinviaggio@gmail.com.

Il Corso
Kubrick su Kubrick: uno sguardo nuovo, filologico, per scoprire il vero metodo kubrickiano.

A partire dalle dichiarazioni di Stanley Kubrick contenute nelle oltre 200 interviste da lui rilasciate alla stampa, il corso intende analizzare il suo peculiare modo di fare cinema: dalla scelta della storia all'adattamento, dalla direzione degli attori alla fotografia, dal montaggio alla promozione presso il pubblico.

Lasciando parlare il regista sarà possibile vedere i suoi film depurati dalle interpretazioni di critici e dagli stereotipi perpetuati dalla stampa: uno sguardo nuovo, filologico, per scoprire il vero metodo kubrickiano ed evidenziare la mano sicura del regista in un corpus d’opere coerente e compatto. Il corso si avvarrà di materiali d’archivio inediti e raramente visti in Italia.

Il Programma
Il corso ha una durata di 10 ore e fa largo uso di clip tratte da tutti i film del regista, per studiarne la grammatica cinematografica e analizzarne i meccanismi di produzione del senso.

Le dichiarazioni di Kubrick accompagnano tutto il corso come un lungo e articolato running commentary, un contenuto extra di un immaginario e onnicomprensivo making-of.

Per documentare le scelte di messinscena, direzione degli attori, fotografia, montaggio e musica vengono presentati anche estratti video da documentari inediti in Italia (in inglese sottotitolati in italiano).

1) Bio-filmografia: dal 1928 al 1999, la carriera del regista corredata da informazioni produttive, accoglienza critica dell’epoca e risultati al botteghino.
2) Il processo creativo: come SK pensava, scriveva, produceva e girava i suoi film; un'analisi approfondita delle fasi necessarie alla realizzazione di un’opera cinematografica secondo il metodo-Kubrick.
3) La promozione: case history del marketing sbagliato di 2001: Odissea nello Spazio e dell'innovativa strategia comunicativa per Arancia Meccanica.
4) I progetti incompiuti: gli studi per Napoleon, Aryan Papers e A.I. Artificial Intelligence.

Il corso si rivolge sia a coloro che già conoscono i film di Kubrick, dei quali scopriranno aneddoti sulla realizzazione e il perché dietro le scelte artistiche, sia a chi non ha mai visto i suoi film e vuole capire cosa abbia mai di così importante questo Stanley Kubrick.

26 agosto 2013

Rotunno, Rotunno, cosa mi dici mai

Io questo articolo non lo volevo scrivere, giuro. Non volevo dare contro a Giuseppe Rotunno, un novantenne simpatico e gentile, quasi delicato nel ricordare i tanti anni di carriera e gli innumerevoli capolavori del passato illuminati sotto la guida di Luchino Visconti e Federico Fellini, volevo lasciar perdere, stanco di interpretare sempre il ruolo della maestrina con la penna rossa che corregge la vulgata su Kubrick, davvero. Nonostante mi avessero segnalato l'intervista a Rotunno apparsa ieri su La Repubblica, in cui il direttore della fotografia liquida come leggenda il fatto che Kubrick avesse illuminato le scene di Barry Lyndon a lume di candela, avevo deciso che sarebbe stato tutto sommato solo antipatico puntualizzare che sì, invece sì che Kubrick aveva usato solo e soltanto le candele e aveva perfino fatto modificare le sue macchine da presa per accomodare gli obiettivi f0.7 della Zeiss e riprendere senza luci artificiali le scene per farcele vedere come fossimo anche noi nel Settecento, è tutto vero, ci sono decine di articoli sulle riviste tecniche a comprovarlo, ci sono interviste a John Alcott, ci sono documentari e pagine web. E avevo anche gestito piuttosto bene la seccatura di leggere uno che parla di Kubrick senza mai averci avuto a che fare tirando in ballo lui per primo delle leggende come quella delle tavole di legno su cui impalare gli attori per farli star fermi sennò venivano mossi. E soprattutto avevo bloccato sul nascere l'irritazione di vedere l'occhiello dell'articolo che strillava "Illuminare con le candele è impossibile, che Kubrick ci sia riuscito è leggenda" in un testo dove il nostro occupava tre righe su due pagine, così da fare danno anche a chi avesse solo dato un'occhiata di sfuggita, tanto si sa, Kubrick vende sempre e i giornalisti stanno lì solo a cercare l'effetto facile e il clamore e lo strillone. E pur con il fastidio che una nuova cazzata stesse prendendo piede dalla grancassa di Repubblica, di certo più letta di questo blogghettino nonché delle riviste di cinema in inglese, me ne ero andato a dormire pensando a tutt'altro. Poi stamani ecco le prime reazioni, ecco Italo Moscati, uno che insomma di cinema se ne dovrebbe intendere, che dice di Rotunno "un uomo di cui Dio, e noi, abbiamo avuto bisogno e abbiamo per fortuna ancora ricordo. Ecco uno che sfata le leggende," quella di Kubrick appunto, "Grazie Giuseppe, punta i riflettori sui sepolcri imbiancati che camminano nel nostro cinema, un cinema che ha sempre più bisogno di uomini seri e veri", leggo questo di lunedì mattina d'agosto ed ecco, come dire, io mi incazzo. Voi no?

Per completezza, la citazione dall'articolo di ieri dice:
E' vero che, molto prima di Kubrick, nel Gattopardo Lei usò la luce della candele?
E' una leggenda. E non so neanche come sia nata. Era impossibile che con la sola luce delle candele si illuminasse la scena del ballo. Perciò feci mettere un faro fuori campo sopra i candelabri. Visconti apprezzò la trovata.
Eppure, in Barry Lyndon Kubrick ci riuscì.
Altra leggenda. La fiamma di una candela sovraesposta cancella l'immagine, la imbianca. C'è un aspetto tecnico che va osservato: con quel tipo di luce il massimo che si può diaframmare è 0,1, il che significa assenza di profondità di campo. Per ottenere qualche risultato Kubrick fu costretto a fissare gli attori con delle tavole, in modo che fossero rigidi. Ma l'effetto non fu soddisfacente e so che il resto delle scene richiese l'uso delle lampade. Il che non toglie che fosse un genio.
Ringrazio, nonostante l'incazzatura causatami, Marco Vitelli che mi ha segnalato l'articolo e Gianni Denaro che me l'ha passato a edicole chiuse.

Giuseppe Rotunno: il direttore della fotografia racconta la sua vita coi grandi del cinema, Antonio Gnoli, La Repubblica 25.08.2013

25 luglio 2013

Stanley Kubrick at Look magazine, di Philippe Mather: recensione

Per la prima volta, dopo numerosi libri-clone e mostre discutibili, gli anni da fotoreporter di Stanley Kubrick trovano una appropriata analisi nel saggio di Philippe Mater "Stanley Kubrick at Look magazine", pubblicato negli Stati Uniti lo scorso febbraio e disponibile anche in edizione digitale.

La tesi di base del saggio è che l'apprendistato alla rivista Look sia stato un fattore decisivo nel formare la personalità artistica di Stanley Kubrick: poiché il regista non ha ricevuto un'educazione formale in nessuna scuola d'arti figurative, gli anni da fotoreporter sono stati l'equivalente di un corso al college.

L'aspetto migliore di questa impostazione è quanto essa si distanzi dalle ricerche condotte fino ad oggi sulle fotografie di Look, principalmente dal gruppo tedesco Iccarus capitanato da Reiner Crone responsabile di svariati libri sull'argomento (Still moving pictures, Drama and Shadows, Fotografie 1945-1950) e curatore della mostra itinerante che ha toccato anche il nostro paese e che attualmente è a Genova.

Il giochino tipico di Crone è dire "questa foto anticipa l'inquadratura di questo film" oppure interpretare gli scatti kubrickiani come diretta preparazione ai successivi film, spingendosi fino a definirli storyboard immaginari. Oltre all'evidente sterilità, un discorso del genere pone l'enfasi sul fotografo come autore assoluto, una concezione romantica della creazione artistica che, se già scialba di per sé, nel caso del Kubrick fotoreporter è ancor più lontana dalla realtà: le sue fotografie sono sempre state scatti su commissione pensati per essere abbinati a un testo redazionale, quanto di più lontano si possa immaginare dallo scatto fotografico d'autore.

Con mia grande soddisfazione, Mather contesta fermamente l'approccio di Crone: non va in cerca di capolavori perduti del giovane regista in fieri, né isola singoli scatti su cui applicare criteri di analisi estetica; soprattutto non parte dal presupposto che la rivista abbia "rovinato" l'apporto artistico del genio innato di Kubrick selezionando solo pochi scatti tra le dozzine di provini immortalati dall'artista.

Mather intende al contrario esaminare le fotografie realizzate da Kubrick proprio in funzione della missione di Look, necessariamente abbracciata da Kubrick in quanto dipendente a contratto: una rivista che voleva informare e intrattenere i propri lettori con servizi di varia origine, curiosi, stimolanti, ben realizzati e d'impatto. Mather suggerisce che proprio questa missione esplicitamente assegnata ai fotoreporter possa esser stata l'embrione da cui si è sviluppata l'intenzione di Kubrick di realizzare film intelligenti e personali ma assolutamente fruibili dal grande pubblico.

Dice lo stesso Philippe Mather nell'introduzione:
Gli studi precedenti hanno generato l'idea che la voce artistica di Kubrick fosse già pienamente formata e che abbia semplicemente trovato espressione prima nel medium fotografico e poi in quello cinematografico. Questo studio afferma esattamente l'opposto, ossia che l'identità di Kubrick come persona creativa è stata il risultato di un processo, che è emersa gradualmente mentre si integrava con una serie di influenze complesse localizzate in un contesto specifico, sia culturale che storico.
Questo approccio ispirato dalla sociologia di produzione considera primariamente il lavoro del fotoreporter come sforzo collettivo che ha luogo in un contesto aziendale o d'industria, plasmato in modo tanto implicito quanto pesante dalla routine lavorativa della quotidianità del posto di lavoro.

Mather non manca di considerare una serie di ulteriori fattori in gioco quali la rivalità di Look contro la concorrente Life, l'evoluzione della tecnologia fotografica, il clima artistico, economico e ideologico della New York dell'immediato dopoguerra e il fascino che i media visivi popolari dell'epoca avevano sugli adolescenti, dai fumetti ai fotoromanzi ai film di genere.

Ne risulta un ritratto lavorativo del giovane Stanley Kubrick davvero incisivo e interessante, a tratti perfino più vivido di quello che era riuscito a fare LoBrutto nei capitoli iniziali della sua mastodontica biografia.

Capitolo dopo capitolo, analizzando i servizi fotografici di Kubrick e quelli dei colleghi che hanno lavorato a Look negli stessi anni, Mather può provare con ragionevole plausibilità che la messinscena dei film di Kubrick, soprattutto i primi, non è frutto di un suo gusto personale generatosi dal nulla ma deriva proprio dallo stile foto-giornalistico dell'America del dopoguerra che Kubrick ha imparato lavorando alla rivista: si tratta degli elementi comuni sempre presenti nei servizi fotografici, come una profondità di campo elevata e una disposizione quasi geometrica degli elementi in scena, che siano persone o oggetti.

Con un pizzico di entusiasmo, si potrebbe perfino giudicare questa intuizione come una vera illuminazione sull'estetica kubrickiana.

Altrettanto interessante è la critica ai critici kubrickiani che hanno sempre definito il cinema di Stanley Kubrick come poco realistico, simbolico, talvolta in forza della sua citazione "real is good interesting is better". Mather non smette mai di sottolineare, al contrario, facendo uso sia di interviste a Kubrick stesso (mai sufficientemente lette da chi scrive libri sul suo cinema) sia di analisi di servizi fotografici, quanto l'opera di Kubrick – tanto fotografica che cinematografica – abbia sempre una base di accurato quasi maniacale realismo. Pur nel passaggio dalla registrazione più o meno oggettiva di fatti con le fotografie e i documentari alla finzione narrativa dei film successivi, non viene mai meno un'attitudine al reale che si è originata a Look e che a sua volta era parte dell'estetica del fotogiornalismo americano degli anni '40.

Quando, a proposito dei suoi film meno realistici, Shining e 2001: Odissea nello Spazio, Kubrick parlerà di quanto sia indispensabile una cornice di realtà affinché il pubblico possa credere alle parti fantastiche della storia, citerà quasi parola per parola il manuale del fotografo di Look distribuito ai dipendenti in cui si chiede al fotoreporter di agevolare la comprensione e l'immedesimazione da parte del lettore grazie a immagini realistiche, facili da leggere, non fagocitate dall'eccessivo estro creativo della così detta fotografia d'autore.

Non è anche questa una scoperta di ragguardevole peso? In quali altri libri potete dire di aver trovato idee che vi abbiano fatto ripensare all'intero cinema di Kubrick obbligandovi a metterne in discussione gli aspetti ritenuti ormai ovvi?

Il saggio risente purtroppo della mancanza di un adeguato apparato iconografico: pochissime fotografie costringono Mather a lunghe e sostanzialmente inefficaci descrizioni degli scatti di Kubrick; se ne lamenta lo stesso autore nelle appendici quando ammette che le intricate questioni di copyright gli hanno impedito di abbinare al lavoro scritto un sito internet con la riproduzione dei servizi pubblicati sulla rivista. Partecipo volentieri della sua frustrazione, ma sono pronto a ribadire che nonostante questo il suo lavoro è intelligente, approfondito, illuminante e scritto con chiarezza, insomma un lavoro di tutto rispetto, sia preso di per sé sia – e soprattutto – confrontato con la media dei saggi sull'opera di Kubrick. Bravo.

21 luglio 2013

Fear and Desire doppiato: recensione

Ieri sera ho avuto modo di vedere Fear and Desire, doppiato in italiano da Minerva Pictures, in anteprima alla proiezione di mezzanotte nell'ambito di Capalbio Cinema.


Il doppiaggio è dignitoso. Certo, i quattro doppiatori risultano a tratti un po' enfatici, ma chi non lo sarebbe recitando le battute di quel copione? Nessuna delle voci mi è risultata fuori personaggio. Meno buono il lavoro sul mix: piuttosto di frequente, all'inizio dei blocchi doppiati in italiano, si avverte un brusco abbassamento del livello del suono d'ambiente e in alcune scene un notevole impoverimento dell'ambiente sonoro. Presumo che non avendo a disposizione una colonna internazionale sia stato piuttosto complicato eliminare le battute inglesi mantenendo il resto del sonoro; immagino anche che un budget non particolarmente elevato abbia limitato la precisione e la raffinatezza di questo lavoro comunque improbo. (Sono costretto a fare supposizioni perché non mi è stato possibile reperire alcuna informazione in merito, neanche il nome dei doppiatori.)

L'aspetto migliore di questa operazione della Minerva Pictures, ed è uno dei motivi principali del mio appoggio alla pratica del doppiaggio, è di averci restituito Fear and Desire come semplice film: depurato dall'aspetto esotico di film introvabile – contrabbandato per anni dalla setta dei kubrickiani e visto sempre con atteggiamento clandestino anche nelle versioni home video più o meno regolarmente messe in commercio – oggi Fear and Desire di Stanley Kubrick è finalmente un film come tutti gli altri: la qualità dell'immagine è pari a quella di qualsiasi film in sala e il doppiaggio lo parifica con qualsiasi altro film distribuito comunemente in Italia.

Possiamo quindi dopo tanto tempo guardare Fear and Desire senza esser distratti dai sottotitoli, assorbendo immagini e suoni, dialoghi e musica, dimenticandoci il più possibile della sua storia travagliata e delle future gesta del suo regista, e concentrandoci sul racconto dei quattro soldati precipitati in territorio nemico; possiamo insomma guardarlo non come reperto potenzialmente rivelatore del Kubrick che era e che verrà e nemmeno come curiosità da cinefili spinti, ma semplicemente e finalmente possiamo guardare questo film – e dire che è brutto.

Fear and Desire è noioso, incredibilmente pretenzioso, fastidiosamente lungo nonostante duri poco più di un'ora, claudicante nella struttura narrativa, scombinato, pessimamente recitato e diretto in maniera pedestre – davvero sembra di citare Kubrick stesso nei suoi numerosi insulti al film, perché sono tutti verissimi.

Anche la tanto decantata qualità tecnica, principalmente fotografica, passa assolutamente in secondo piano di fronte all'imbarazzante fallimento di ogni altro ingrediente.

La colpa non è solo del pomposo script di Howard Sackler, che comunque resta un polpettone indigeribile di roboante ostentazione poetica, ma anche di Kubrick come regista: infatuato dal nascente amore per il mezzo, Kubrick si è preoccupato solo della fotografia e del montaggio, realizzando molto bene la prima ma esagerando col secondo tanto da infarcire il film di tagli rapidi che disperatamente tentano di dar ritmo alle scene ma risultano gratuiti e sciocchi, e di manierismi che distraggono implacabilmente dal racconto.

E' davvero difficile conciliare questa gestione inefficace del mezzo con quello che mirabilmente Kubrick aveva fatto l'anno precedente col notevole corto d'esordio Day of the Fight, dove riusciva a creare e mantenere un'oppressiva tensione drammaturgica con economia e precisione, e quello che otterrà tre anni dopo con Killer's Kiss, un'ugualmente esile opera giovanile ma ben calibrata ed efficace sotto ogni punto di vista.

L'errore registico di Kubrick in Fear and Desire risiede anche nella scelta e direzione degli attori: il quartetto di protagonisti è quanto di più male assortito si possa concepire, spaziando dalla recitazione nervosamente sopra le righe di origine teatrale di Paul Mazursky alla fissità da bello senz'anima di Kenneth Harp, dalla rudezza sbrigativa di Frank Silvera (comunque l'unico con un po' di mestiere, e si vede) allo sguardo perennemente ebete di Stephen Coit, per non parlare poi della totale e sconvolgente inespressività di Virginia Leith. Doveva davvero essere innamorato follemente della tecnica cinematografica, il nostro, per non accorgersi di quanto improbabile fosse il suo cast e di quanto male sia stato diretto – se è stato diretto; giusto per dire, Silvera darà poco dopo una caratterizzazione del tutto convincente del cattivo di Killer's Kiss.

Soprattutto Fear and Desire dimostra un'incapacità di gestione del racconto e del ritmo narrativo davvero sconcertante: digressioni paludose dove la storia arranca, lunghe sequenze di dialoghi assolutamente superflui che sembrano esser rimaste solo per garantire al film la durata minima da lungometraggio, e improvvise accelerazioni nervose che tentano di creare un ritmo da thriller ma risultano solo frettolose e sconclusionate.

C'erano state negli anni interpretazioni anche convincenti sul perché Kubrick avesse così duramente osteggiato questo suo primo sforzo produttivo e registico – la più interessante resta quella di Paolo Cherchi Usai che vedeva nel film una manifestazione troppo evidente di temi e stili di tutto il suo cinema a venire, un entusiasmo giovanile che si lasciava travolgere dalla passione e dall'inesperienza mancando della misura e del carattere indiretto necessario a ogni opera d'arte – ma forse semplicemente Kubrick, col senno e la maturità di poi, si vergognava di aver fatto un gran brutto film.

A vedere Fear and Desire oggi, se non stupisce per niente l'accanimento del suo autore nel tentare di farlo scomparire dalla faccia della terra, sorprendono invece, e tantissimo, le recensioni tendenzialmente favorevoli all'uscita nelle sale di New York. Dovevano esserci davvero film orribili nelle sale americane di quegli anni.

Fear and Desire è doppiato e distribuito da Minerva Pictures e QMI, in collaborazione con Panorama, Radio DeeJay e Coming Soon; nelle sale italiane dal 29 al 31 luglio e successivamente in home video; per informazioni sulle sale in cui verrà proiettato consultare il sito Kubrick al cinema.

18 luglio 2013

Peter Sellers su Clare Quilty

Peter Sellers: A Celebration, una delle innumerevoli biografie dedicate all'attore comico inglese scritta da Adrian Rigelsford nel 1997, contiene una dichiarazione di Sellers che non avevo mai letto prima.

Interrogato spesso sulla genesi del personaggio del Dr. Stranamore, Peter Sellers ha al contrario parlato raramente del suo lavoro svolto per la nascita di Clare Quilty, memorabile invenzione di Vladimir Nabokov nel suo Lolita: nemesi surreale di Humbert Humbert nel romanzo, nel film di Kubrick Quilty viene estremizzato da Peter Sellers fino ad approdare a una caratterizzazione grottesca e funambolica.

Come sempre con Sellers, la chiave per la definizione di un personaggio partiva dalla scoperta della voce.
Stanley voleva che parlassi con un accento di New York. Mi disse: "Senti, un mio amico che fa l'impresario di musica jazz, Norman Ganz, ha una voce davvero perfetta." Mise su una cassetta, ed era pazzesco. C'era questa voce, che parlava a volume troppo alto e diceva con la lisca, "Ehi Stanley, sono Norman. Dio santo, questo è un copione intero, per l'amor del cielo, dico, certo che chiedi delle cose ben strane tu." E poi sentivi un po' di pagine che venivano girate e Norman che iniziava a leggere il copione di Lolita. Ed ecco da dove nacque Quilty.
Era un personaggio fantastico, da incubo: in parte omosessuale, in parte tossicodipendente, in parte sadico, in parte masochista, in parte qualsiasi cosa depravata e malata che ti venisse in mente. Era contemporaneamente orribile e divertente. Non ho mai incontrato nessuno come lui nella realtà, così ho dovuto immaginarmelo, costruire un'idea immaginaria di come una persona del genere potesse essere. Quando mi sono visto sullo schermo ho pensato, ecco qua, stavolta hai esagerato, nessuno crederà al tuo personaggio. Ma poi quando ero negli Stati Uniti mi sono davvero imbattuto in un paio di persone che avrebbero davvero potuto fare da modello per il personaggio e allora ho cominciato a pensare, beh, dopotutto non avevi poi esagerato così tanto.

01 luglio 2013

I titoli di coda blu di Shining

Sollecitato da una domanda sul Reddit di Stanley Kubrick, mi è tornato in mente che anni fa avevo comprato una VHS di Shining su eBay perché si diceva che avesse i titoli di coda del film in blu come quelli di testa.

In effetti è vero: la prima edizione in video del film, datata 1981 e che vedete qui di lato, ha questa variante; tutte le altre edizioni home-video del film, dalle successive VHS, ai Laserdisc fino ai DVD e Blu-ray, hanno i titoli di coda nel canonico bianco su sfondo nero.

Feci anche un rip, che poi è finito dimenticato nelle mie cartelle e che ho caricato su YouTube solo ieri. Pessima qualità, ma è roba degli anni in cui si lavorava con le miniDV e i codec erano quel che erano...



Sarebbe interessante sapere perché: si tratta di un errore? Di una variante approvata da Kubrick? Ma soprattutto: di che colore erano i titoli di coda del film quando Shining debuttò nelle sale nel maggio 1980?

L'edizione, per chi avesse uno spazio vuoto sulle mensole di casa da riempire, si trova di rado su eBay.

29 giugno 2013

Le preoccupazioni di Kubrick per Arancia Meccanica in Italia

Mario Longardi, press-agent italiano che ha lanciato gran parte dei divi del nostro cinema e si è occupato della promozione dei film di Fellini e di altri importanti registi italiani, ha avuto l'occasione di incontrare Stanley Kubrick per l'uscita italiana di Arancia Meccanica nel 1972.

Nella rivista Filmcritica dell'aprile 1999, in un numero che dava ampio spazio alla commemorazione di Kubrick, Longardi ricorda con una lettera al direttore un paio di aneddoti con Kubrick, che poi riprenderà nelle pagine nel suo Più Stelle che in Cielo pubblicato da Gremese nel 2003.

Kubrick fece chiamare Longardi dalla Warner e i due si incontrarono il 18 maggio 1972 ad Abbots Mead, residenza del regista tra Londra e Elstree. Sotto esame era la traduzione della frase di lancio del film, "Being the adventures of a young man, whose principal interests are rape, ultra-violence and Beethoven", che Kubrick aveva scelto di mantenere invariata per tutti i paesi in cui il film sarebbe stato distribuito. In Italia, la traduzione proposta era: "Le avventure di un giovane i cui principali interessi sono lo stupro, l'ultra-violenza e Beethoven."
Ebbene queste poche parole furono la base di una lunga, garbata e un po' surreale discussione perché Stanley, al posto di "giovane" voleva usare il termine "giovanotto". Ascoltandomi con attenzione, volle capire le ragioni per le quali la traduzione "giovanotto" in italiano non funzionava. Dopo due ore si convinse e decise che "giovane" suonava meglio di "giovanotto." Parlammo d'altro, passando in rassegna ogni aspetto della campagna promozionale. Anche in questo caso le sue conoscenze tecniche erano sorprendenti e le sue informazioni sempre precise.
Mario Longardi dovette aver fatto una buona impressione a Kubrick perché fu contattato nuovamente a pochi giorni dalla proiezione di Arancia Meccanica alla 33esima Mostra del Cinema di Venezia, dove avrebbe debuttato per il mercato italiano con conseguente primo giro di recensioni sui maggiori quotidiani.
Alcuni giorni prima della proiezione al Lido cominciò ad agitarsi perché aveva saputo che il film sarebbe stato presentato alla stampa in due tempi nella sala dell'albergo Excelsior, allora tecnicamente poco attrezzata. Mi chiamò alle sei del mattino a Venezia e con voce cortese ma supplicante, mi chiese di impedire quell'assurdo intervallo. Con un certo imbarazzo gli feci presente che la mancanza di sale al Lido aveva obbligato gli organizzatori ad adoperare quella dell'Excelsior e che tutti i film venivano proiettati in quelle condizioni e per ovvie ragioni non si potevano fare eccezioni. Ma Kubrick non poteva accettare quella situazione e la sola idea era per lui insopportabile. Non c'era il minimo tono arrogante nella sua richiesta, ma autentica sofferenza.
Alla Mostra dirigevo quell'anno l'Ufficio Autori (ideato da Gian Luigi Rondi) che aveva proprio lo scopo di andare incontro alle varie esigenze dei registi. Parlai con Gian Luigi spiegandogli che non si trattava di un capriccio, ma del sincero attaccamento di un autore alla sua opera. Risolvemmo con molta difficoltà il problema e "Arancia Meccanica" venne eccezionalmente presentato ai giornalisti in un cinema del Lido tutt'altro che accogliente, ma in grado di proiettare il film senza interruzioni. Kubrick mi chiamò ancora, questa volta raggiante per la soluzione adottata.
Forse Longardi non sa che per Kubrick non era finita lì: il giorno stesso inviò di nascosto Milena Canonero al Lido per cambiare le lenti del proiettore di quella sala con quelle del proiettore di casa sua per garantire una proiezione pulita.

26 giugno 2013

Io sono Spartaco!

Segnalo l'uscita della traduzione italiana del libro di Kirk Douglas pubblicato lo scorso anno, I Am Spartacus! Making a film, breaking the black list, rititolato fedelmente dal Saggiatore Io sono Spartaco! Come girammo un film e cancellammo la lista nera.

Il libro racconta la lavorazione del film e la battaglia per assegnare allo sceneggiatore Dalton Trumbo il credito come autore del testo nonostante l'accusa di attività anti-americane (leggi: comunismo).

Non ho ancora avuto modo di leggere il libro ma nell'attesa di una recensione vi rimando all'editoriale del Saggiatore e vi ricordo l'articolo che criticava questa operazione auto-celebrativa da parte di Douglas, intento ad attribuirsi molti più meriti di quanti gli spettassero in questa vicenda (eccone un altro...).

L'articolo accusava senza mezzi termini Kirk Douglas di revisionismo. Ne riparleremo. Tra l'altro, sto recuperando gli articoli pubblicati su Cineaste in occasione del restauro della pellicola nel 1991 con contributi originali di Trumbo sulla faccenda. A risentirci, Spartaco!

24 giugno 2013

La disinvoltura di Kubrick nell'attribuirsi meriti e crediti altrui

Le mie scorribande per gli archivi storici disseminati in mezzo mondo ogni tanto portano a delle simpatiche scoperte – più simpatiche di un articolo che stavo cercando, voglio dire.

E' il caso di un pezzo pubblicato sulla rivista di settore Limelight. L'articolo entra di diritto, e col botto, nella serie di aneddoti relativi alla scarsa generosità (eufemismo) del nostro quando si tratta di condividere i meriti dei propri film.
ALL'INDUSTRIA CINEMATOGRAFICA: STANLEY KUBRICK NON HA MONTATO 'SPARTACUS'
In nome e per conto della Sede Locale 776 della Associazione Internazionale Operatori Teatrali e Cinematografici degli Stati Uniti, Sezione Montatori Cinematografici, desidero protestare formalmente alle dichiarazioni attribuite al regista di 'Spartacus' Stanley Kubrick. Queste dichiarazioni sono apparse nella rubrica di Philip K. Scheuer sul Los Angeles Times il 29 Settembre scorso, e sono le seguenti: Kubrick è apparentemente citato con le parole "Abbiamo girato per 167 giorni e poi ho speso otto mesi in sala montaggio, dato che monto sempre personalmente i miei film."
Un'indagine sulle summenzionate parole del Sig. Kubrick ha rivelato i seguenti fatti relativi al montaggio di 'Spartacus'.
Primo, il montaggio di 'Spartacus' è durato approssimativamente 18 mesi, e non otto come apparentemente dichiarato dal Sig. Kubrick.
Secondo, il reale e necessario lavoro di montaggio della pellicola su 'Spartacus' è stato effettuato da circa 25 membri della Sezione Montatori Cinematografici, Sede 776 IATSE, tutti di grande talento e altamente specializzati nelle loro rispettive categorie del Montaggio Cinematografico, quali Montatori Cinematografici, Montatori della Musica, Montatori del Suono, Montatori ADR, Assistenti Montatori Cinematografici, ecc.
Terzo, questo gruppo altamente competente di Montatori Cinematografici assegnato al lavoro su 'Spartacus' è stato capitanato dalle seguenti persone: il Sig. Robert Lawrence, il Montatore Cinematografico che ha effettivamente montato il film con l'aiuto dei suoi due competenti Assistenti Montatori, i Sig. Robert Schulte e Fred Chulack; il Sig. Arnold Schwarzwald, che è stato il Capo Montatore Musica per il film e il Sig. Robert Bratton, che è stato il Capo Montatore Effetti Sonori sul film.
Quarto, il produttore del film Kirk Douglas, nel riconoscere gli inestimabili servigi dei summenzionati Montatori Cinematografici, ha dato loro un credito nei titoli di testa del film, in una posizione prominente e cospicua, e in questo senso il Sig. Stanley Kubrick non ha ricevuto alcun credito nei titoli né alcun'altra forma di credito per il lavoro di montaggio dato che non ha in realtà eseguito nessun lavoro di montaggio.
In conclusione, è inconcepibile che un uomo del talento del Sig. Kubrick possa apparentemente tentare di attribuirsi credito per un lavoro che non ha svolto. Avrebbe a questo punto potuto anche dire di aver svolto il lavoro di Direttore della Fotografia insieme a quello di Montatore Cinematografico, cosa che sarebbe stata altrettanto ridicola del suo apparente tentativo di attribuzione del credito di Montatore Cinematografico per 'Spartacus'.
JOHN W. LEHNERS
Rappresentante
Sede 776 IATSE
Montatori Cinematografici
Meraviglioso, tanto il piccatissimo tono quanto la macchinosità del tutto. Apice di divertimento la frase finale: se solo Lehners avesse saputo chi fece davvero la fotografia di Spartacus!

Sono noti nella letteratura kubrickiana molti casi in cui il regista ha tentato di aumentare la percezione del suo ruolo a discapito di quello dei tecnici. Anzi, facciamo un giochino: elencate nei commenti tutti quelli che vi vengono in mente.

Inizio io con quello probabilmente più famoso: l'aver indicato solo il suo nome come responsabile degli effetti speciali fotografici di 2001: Odissea nello Spazio, tra l'altro privando del premio Oscar Douglas Trumbull, Con Pederson, Wally Veevers, Tom Howard e un'altra dozzina di persone. Tanto per partire in vantaggio, aggiungo che nei confronti di Douglas Trumbull Kubrick rasentò l'accanimento facendo acquistare una pagina su Variety dalla MGM/UA per protestare contro una pubblicità della Hewlett Packard che menzionava il solo nome di Trumbull insieme a un riferimento agli effetti speciali di 2001 – ed era il 1984, sedici anni dall'uscita del film.

21 giugno 2013

Fear and Desire nei cinema italiani

Grazie alla collaborazione tra QMI e Minerva Pictures, arriva per la prima volta nelle sale cinematografiche italiane il primo lungometraggio di Kubrick, Fear and Desire. Il film sarà in sala il 29, 30 e 31 luglio.

Il comunicato stampa non menziona se il film sarà in lingua originale sottotitolato o se è stato doppiato per l'occasione. Anche la pagina Facebook di Minerva non dà altre notizie. Tuttavia il trailer distribuito su Youtube contiene un paio di battute dal film recitate in italiano, quindi...



Aggiornamento 12.07.2013: a dar fede a questo articolo, il film è stato doppiato per la prima volta in italiano. Dovrei andare a vedere il film in anteprima a Capalbio Cinema il 17 luglio, vi faccio sapere.

29 maggio 2013

Segreto nascosto in Shining

Ehi, mi sembra di vedere qualcosa laggiù in fondo...



No, non Ullman. Dietro, riflesso nella finestra. Non è qualcuno che fa capolino?



Cosa è, il riflesso Jack Nicholson? Aspetta, fammi andare avanti di qualche fotogramma.



Ingrandisci un po'...


Eccolo! Ma tu guarda.


Via, ora qualcuno vada a dirlo a quelli di Room 237 che devono rifare tutto daccapo.

28 maggio 2013

The making of Kubrick's 2001 di Jerome Agel è finalmente online

Il blog Cinephilia and beyond, che vi scongiuro di mettere tra i preferiti del vostro browser, ha reperito una copia del libro edito da Jerome Agel The Making of Kubrick's 2001, pubblicato nel 1970 e mai più ristampato, e l'ha messa online. Si tratta di uno dei migliori libri mai dedicati a 2001: Odissea nello Spazio, nonché uno degli esempi più lucidi di come dovrebbe esser fatto un libro di cinema.

Scritto con la piena collaborazione di Kubrick, il libro presenta una mole impressionante di materiali: dai progetti per la realizzazione delle scenografie ai documenti di produzione, da commenti di Kubrick e Clarke sull'evoluzione della sceneggiatura a interviste con gli attori e tecnici. In più, il libro raccoglie decine di lettere scritte a Kubrick da colleghi registi e da semplici spettatori, nonché una selezione degli articoli pubblicati sui quotidiani nazionali americani all'uscita del film per documentare l'impatto culturale del film. Contiene anche il racconto originale La Sentinella di Arthur Clarke, l'intervista-fiume di Kubrick a Playboy e tantissimi altri articoli che è impossibile riassumere. Ah sì, c'è anche la trascrizione delle interviste agli scienziati e ai filosofi dell'epoca che discettano di intelligenze extraterresti e che avrebbero dovuto far parte del prologo in bianco e nero al film. E poi... 96 pagine di fotografie esclusive commentate da Kubrick. Insomma, è la bibbia di 2001 (con buona pace di tanti altri).

Da oggi The Making of Kubrick's 2001 può essere consultato online e anche scaricato in PDF tramite Scribd. Non c'è più bisogno di dargli la caccia su eBay (e io non ho più bisogno di spaccare la mia seconda copia per scannerizzarne le pagine e donarle al mondo – ah, il bello e il brutto di internet, c'è sempre qualcuno che fa prima di te). Buona lettura.

22 maggio 2013

Documentario su Shining

Nell'ottobre 2012 era stata pubblicata una serie di video interviste ai tecnici che avevano partecipato alla realizzazione di Shining. Erano state girate e montate per The Elstree Project, un progetto che mira a registrare, preservare e diffondere la storia orale delle persone che hanno lavorato agli studi cinematografici di Elstree e Borehamwood ad est di Londra. Oggi viene presentato l'intero documentario di 55 minuti che raccoglie i contributi di nove membri della troupe e di Christiane Kubrick.

Le persone intervistate nel documentario sono l'assistente alla regia Brian Cook, il produttore esecutivo Jan Harlan, il cameraman Mick Mason, il tecnico di post-produzione del suono Ray Merrin, il primo assistente fotografo e regista della seconda unità Douglas Milsome, l'operatore alla macchina Kelvin Pike, l'addetto alle scenografie Ron Punter, la segretaria di edizione June Randall e il capo ufficio stampa e promozione Warner Bros. Europa Julian Senior.

Tra gli argomenti trattati, l'incendio che distrusse un intero teatro di posa e che causò un discreto ritardo nel piano di produzione del film, l'uso innovativo della Steadicam di Garrett Brown, il lavoro della seconda unità e ovviamente le impressioni di tutti su cosa ha significato lavorare per Stanley Kubrick.

Buona visione.

20 maggio 2013

Douglas Trumbull sul suo lavoro con SK

Douglas Trumbull, giovanotto assunto per gli effetti speciali di 2001: Odissea nello Spazio, ricorda in questo breve video come iniziò la sua carriera nel mondo del cinema dalla porta principale. Segnalo questo video perché nonostante la brevità presenta diverse fotografie inedite dal set – e poi è sempre un piacere ascoltare Trumbull (anche se io dopo anni e anni che ne sento parlare non ho ancora capito come funziona la slit scan).

15 maggio 2013

Autoritratti

Piccola grande galleria di autoritratti kubrickiani.

13 maggio 2013

Kubrick su Kubrick: grazie!

Uso personale del mezzo pubblico: grazie a tutti voi che siete venuti così numerosi a sentirmi parlare dei film di Stanley Kubrick, grazie per la vostra attenzione, per la vostra preparazione (avercene di uditori così) e per le piacevolissime discussioni. Io mi sono divertito moltissimo e spero che anche per voi sia stato lo stesso.

Grazie anche al Cinema del Carbone, che ha organizzato il corso in modo impeccabile.

Ad una prossima occasione!

30 aprile 2013

Kubrick su Kubrick, gli spot

I ragazzi del Cinema del Carbone mi hanno chiesto di realizzare un video promozionale per il corso sul cinema di Stanley Kubrick che terrò a Mantova, dal 10 al 12 maggio.

Ho colto l'occasione per fare una serie di spot che illustrano l'impostazione che darò al corso: una prospettiva filologica sui film per riscoprire le intenzioni e le idee di Kubrick, troppo spesso soffocate da quelle dei critici.

Buona visione e ci vediamo a Mantova.











PS: per i maniaci dei dettagli, lo spot su Arancia Meccanica è caricato da Vimeo perché YouTube l'ha cancellato per violazione di copyright; pare che la società che gestisce i diritti delle musiche di Wendy Carlos sia tra le più agguerrite in assoluto - e le più ottuse, aggiungerei. Lo spot su Full Metal Jacket ha una qualità minore degli altri perché le immagini arrivano dal trailer originale internazionale, che non si trova in nessuna edizione home-video del film e ho pescato fortunosamente da un video giapponese; ho sostituito la colonna sonora togliendo la marziale voce nipponica e reintegrando il brano di Vivian Kubrick, ma non ho avuto il tempo di rimontare tutte le scene rippando l'intero Blu-ray per "restaurare" questo trailer; per questo motivo alcuni attacchi non sono esattamente a tempo.

26 marzo 2013

Recensione di 2001: The Lost Science

L'anno scorso è uscito in sordina, pubblicato da una minuscola casa editrice canadese, il libro 2001: The Lost Science, edito da Adam K. Johnson e dedicato interamente agli archivi dell'ingegnere Frederick I. Ordway III, principale responsabile dell'accuratezza scientifica di 2001: Odissea nello Spazio.

Il libro, di sole 112 pagine ma dalle dimensioni esagerate (largo 30 cm e alto oltre 40), raccoglie una selezione dal materiale custodito agli archivi dello U.S. Space & Rocket Center. Da un totale di oltre duemilacinquecento documenti, il libro ne presenta un centinaio, soprattutto foto scattate nei teatri di posa di Borehamwood e cianografie di produzione, ossia i disegni dei progetti per la costruzione dei modelli delle astronavi e delle basi lunari.

L'autore Adam Johnson è infatti un rinomato costruttore di repliche dei modellini impiegati nei film di fantascienza e il taglio che ha dato al libro è completamente in linea con la sua passione. Sintetizzando al massimo si può dire che sia un libro scritto da un ingegnere per un pubblico di ingegneri.

Come potete vedere da questa video-recensione di un fan, la maggior parte delle pagine contiene riproduzioni fotografiche, modelli, cianografie.



Non c'è alcun commento testuale, se non delle brevi didascalie alle foto. Non c'è neppure un discorso di inquadramento del materiale, che viene presentato suddiviso per manufatto: un capitolo dedicato all'astronave Aries, uno alla Orion, uno alla base lunare Clavius, uno al moonbus, uno alla Discovery, e così via. Tutto quello di 2001 che non ha a che fare con la costruzione di un modello o di un pannello comandi viene completamente ignorato: eppure Ordway ha supervisionato l'intera produzione e scommetterei che tra i 2500 documenti in suo possesso ci sono molti memo, molti appunti e molte relazioni tecniche di notevole interesse.

Tuttavia, lo scopo di questo libro sembra esclusivamente quello di fornire tutte le informazioni per poter ricostruire i modelli visti nel film – e a buon ragione, dato che le cianografie sono quelle originali restaurate con minuziosa precisione.

Ci sono comunque anche piccole curiosità e perle interessanti: ad esempio nelle prime pagine vengono presentate tutte le foto ai modelli delle bombe atomiche in orbita attorno la Terra, quando nel film montato ne sopravvivono solo due, oppure una pagina spiega il significato delle sigle che compaiono e scompaiono nei monitor attorno l'onnipresente occhio di HAL: sono state inventate da Douglas Trumbull e si riferivano alle varie funzioni controllate dal computer – ATM per "Atmosphere check", COM per "Communication status check", NUC per "Real time monitoring of the nuclear plant core", e così via.

Nelle appendici finali è poi molto bello vedere le foto ai modellini in vari stadi di completamento intagliati nel legno e parzialmente dipinti, e soprattutto le prove fotografiche per rendere le astronavi più realistiche possibile: nella pagina vediamo quattro prove per fotografare sulle lastre fotografiche 20x25cm la Aries, con obiettivi differenti e varie luci di riempimento. Kubrick preferirà la versione con lente più aperta ma senza luci, uno scatto che garantiva il maggior contrasto. Peccato che l'autore non sia interessato a chiudere il cerchio: queste foto ad alta risoluzione venivano incollate su lastre di vetro e riprese contro sfondi stellati e sagome di pianeti per le animazioni; Kubrick fece realizzare i modellini perché venissero fotografati e poi decise di riprendere queste foto con la macchina da presa 70mm, un processo che donava maggior precisione ai movimenti rispetto a alle riprese dirette sui modellini. Sfogliando il libro si sente la mancanza di informazioni di questo tipo, e alla lunga (ma anche subito, in realtà) il contenuto risulta piuttosto noioso e sterile.

Ad ogni modo le fotografie dai set sono moltissime e spesso mai viste prima, scattate da Ordway e da Kubrick (anche se i crediti alla fine del volume non distinguono tra i due). Ci sono anche una manciata di scatti inediti al regista, che fanno sempre piacere.

La sensazione che resta alla fine della lettura, e questo è utile, è che il team dietro 2001: Odissea nello Spazio abbia progettato e lavorato come se, invece che realizzare un film, dovessero davvero costruire astronavi e interfacce realmente utilizzabili. Le didascalie comprendono testi di Ordway scritti all'epoca per illustrare (a Kubrick, presumo) il funzionamento dei vari manufatti: la distanza tra il realismo cinematografico e il reale è brevissima.

Allegato al libro, un DVD contenente vari contributi. Il primo è il documentario 2001: The science of futures past, realizzato dalla stessa casa di produzione che aveva girato 2001 and Beyond; molte delle interviste a Arthur C. Clarke, Douglas Trumbull e appassionati di fantascienza sono infatti riciclate dal vecchio documentario. Ad ogni modo, sia questo che l'altro risultano lavoro piuttosto modesti.

Segue la registrazione di un simposio tenuto nel 2001 ad Albuquerque dalla National Space Society a cui hanno partecipato Frederick Ordway, l'attore protagonista Keir Dullea, il mimo interprete dell'ominide Moonwatcher Daniel Richter, l'illustratore dei poster Robert McCall e, in videoconferenza da Ceylon, Arthur Clarke. La qualità audio e video è pessima, ed è un peccato perché, a parte l'intro un po' piatta di Ordway, i discorsi di tutti gli ospiti sono molto brillanti e piacevoli. Molto meglio questo del precedente documentario: Dullea racconta il pericoloso stunt a cui si è sottoposto per le sue scene, Richter come convinse Kubrick ad assumere lui e la sua squadra di mimi per sbloccare l'impasse sulle prime scene del film, e McCall la sua esperienza londinese assieme alla famiglia di Kubrick.

Il successivo video è uno slideshow di fotografie concesse da Andrew Birkin: all'epoca del film poco più che un adolescente, inviato in Africa a supervisionare le riprese fotografiche da utilizzare per i fondali dell'Alba dell'Uomo. Tra callsheet di produzione, lettere e telex con le istruzioni per le foto, scatti ricordo nel deserto e polaroid dell'attrezzatura, questi 8 minuti sono il pezzo migliore di tutto il prodotto.

C'è anche un filmatino da mezzo minuto in cui Arthur Clarke che si tira fuori dal taschino della camicia un chihuahua orbo. Weird!

Il DVD ha anche contenuti Rom – e sinceramente ci avevo anche sperato. Sfortunatamente contiene solo dei PDF di rapporti tecnici e relazioni scientifiche scritti da Ordway per la NASA, il cui collegamento con Stanley Kubrick è solamente che di sicuro lui li avrà letti. Io non posso dire altrettanto.

20 marzo 2013

Documentario su Orizzonti di Gloria

Un nuovo documentario su Orizzonti di Gloria verrà presentato a fine mese a Lakewood, nell'Ohio, alla presenza del regista David Spodak, originario della cittadina.

Intitolato Anatomy of a film: Paths of Glory, il documentario, che fa uso anche di foto di scena inedite, si avvale delle testimonianze dirette del produttore James B. Harris e dell'attore Richard Anderson.

Harris è da sempre uno dei migliori ospiti che si possono intervistare per parlare dei primi film di Kubrick: il suo ruolo da produttore garantisce competenza, e il fatto che all'epoca fosse l'amico e compare di Kubrick gli consente anche l'accesso ai pensieri e alle intuizioni del regista. Anderson, nelle poche interviste che ha rilasciato, si è distinto sempre per uno sguardo molto acuto sul processo creativo legato al film.

La scelta fa ben sperare: in questo senso è migliore della selezione operata dalla Criterion per il documentarietto collegato all'edizione restaurata del film, che includeva inutilità varie di Jan Harlan e un contributo poco incisivo di Christiane Kubrick.

Anche aver intitolato il documentario "Anatomia di un film" è un ottimo lasciapassare. Rende bene lo stile del lavoro: il film viene analizzato minuziosamente nelle sue componenti cinematografiche, dalla recitazione alla messinscena, dall'illuminazione ai movimenti di macchina, dal montaggio alla colonna sonora. Nell'intervista di presentazione del lavoro, il regista confronta questo tipo di documentario ai commenti audio che si trovano nei DVD: si lamenta del fatto che, dopo anni in cui ai film non veniva riservata nessuna attenzione critica, i commenti audio non sono stati la vera svolta che promettevano; poiché gli attori, i registi e i critici che li realizzano parlano mentre il film va avanti sostanzialmente muto, viene escluso il lavoro sul suono e non c'è tempo di soffermarsi su nessuna sequenza né di rivedere una scena più volte per poterne evidenziare tutti gli elementi che la fanno funzionare.



Mi trova molto d'accordo. Il progetto ha dichiaratamente l'intenzione di riservare finalmente ai film lo stesso grado di attenzione critica che siamo abituati a tributare alla letteratura, alla pittura, alla scultura e alla musica. Kubrick stesso si batteva nelle interviste per ottenere lo stesso risultato.

Nei seguenti estratti dal documentario possiamo vedere come l'analisi viene applicata alle sequenze della battaglia e del processo di Orizzonti di Gloria.





Fin qui tutto molto bene. Speriamo che nel resto del film non si facciano prendere la mano dalla sindrome che colpisce la maggior parte dei critici, quella di dimenticarsi di parlare degli ingredienti che fanno il film per appiccicare sopra di esso le proprie elucubrazioni. Intanto che il documentario sarà reso disponibile dopo le proiezioni in sala, possiamo leggere un'intervista al regista e visitare il sito internet dove ci sono ulteriori contributi video.

12 marzo 2013

I disegni di Brian Sanders dal set di 2001: Odissea nello Spazio

Durante la lavorazione di 2001: Odissea nello Spazio Kubrick assunse l'illustratore britannico Brian Sanders per documentare le riprese del film. Sanders ebbe carta bianca sul set, a patto di sottoporre i suoi disegni a Kubrick per autorizzarne la successiva pubblicazione.

Sul sito dell'agenzia Artist Partners di cui fa parte, Sanders racconta la routine del suo lavoro sul set e alcuni aneddoti.

Tra le cose che non sapevo, Sanders rivela che gli attori che dovevano indossare i caschi da astronauta respiravano aria compressa per evitare che sotto le potenti luci di scena il loro respiro formasse condensa sul vetro del casco.

Sanders racconta anche il primo giorno delle riprese sul set della centrifuga: Kubrick non volle che nessuno fotografasse nulla perché voleva mantenere il segreto su cosa stesse realmente succedendo, ossia che era la macchina da presa a girare e non gli attori. Al primo giro, le luci che illuminavano il set iniziarono ad esplodere perché i cavi restarono impigliati. "Fu un momento piuttosto da panico," ricorda. Gary Lockwood aveva una botola da cui poteva sgattaiolare fuori alla svelta in caso di pericolo, ma Sanders ammette che l'attore doveva avere una buona dose di coraggio per entrare nel marchingegno.

Un altro momento riguarda William Sylvester, l'attore che interpretava il Dr Heywood R Floyd. "Un giorno venne sul set e non riusciva a dire nulla. Doveva avere qualche problema a casa, non era affatto in sé - non so cosa avesse. Ma Stanley fu così paziente! Sylvester aveva solo poche battute e Stanley lo guidò gentilmente parola per parola, finché non disse la sua parte senza sbagliare un colpo - prima, non era riuscito neppure a spiccicar parola. Ogni altro regista probabilmente l'avrebbe massacrato."

Sanders dice di aver conservato ventiquattro disegni, anche se pensa di averne fatti di più. Come molte delle storie legate a Stanley Kubrick, anche questa ha un finale amarognolo: "Stanley non espresse mai un'opinione su nessuno dei miei lavori. Neppure uno dei suoi collaboratori fu in grado di dirmi cosa pensasse. Alla fine i miei disegni non furono pubblicati da nessuna parte - fu una delusione terribile."



Altri disegni possono essere ammirati sul blog Today's inspiration e sul profilo Tumbler della Artist Partners. Grazie a Fabio per la segnalazione! (Simone, rosica :P)

04 marzo 2013

Lettera a Anthony Burgess su Napoleon Symphony

Vista la notizia di ieri, cade a fagiolo la lettera pubblicata la settimana scorsa da Letters of Note, in cui Stanley Kubrick, nel 1972, comunicava a Anthony Burgess, autore di Arancia Meccanica, il rifiuto del suo romanzo sulla vita di Napoleone Bonaparte come base per il Napoleon.
STANLEY KUBRICK
15 giugno 1972

Caro Anthony,
dovrei iniziare col dire che non so proprio come scrivere questa lettera, e che è un compito tanto ingrato per me scriverla quanto deve essere per te leggerla.

Sei uno scrittore talmente di genio e di successo, e io sono talmente un tuo ammiratore, che è inutile star qui a elencare con benevolenza tutto quel che di ovviamente eccellente c'è nella "Sinfonia Napoleone". Allo stesso tempo, spero vivamente che la nostra pur troppo breve amicizia possa sopravvivere al dirti che il manoscritto non è un'opera che possa aiutarmi a fare un film sulla vita di Napoleone. Nonostante i suoi considerevoli meriti, non aiuta, secondo me, a risolvere nessuno dei due problemi principali: quello di condensare notevolmente gli eventi (e probabilmente ristrutturare la sequenza cronologica) al fine di farne un buon racconto, senza banalizzare la storia e il personaggio, né quello di fornire un dialogo realistico che non risulti appesantito dallo spiegare le cose o dai fatti storici.

Sono davvero dispiaciuto che questa lettera non possa essere fonte né di piacere né di benefici per nessuno di noi due e, dopo aver detto quel che ho detto, posso solo ringraziarti per averci provato e sperare che tu continuerai ad accettare la mia ammirazione e il mio rispetto per te come artista, e il mio grande affetto e amicizia per te come persona.

Sinceramente,
Stanley
Questo per dire che dopo aver scritto di proprio pugno un trattamento e una sceneggiatura tra il 1969 e il 1971, nel 1972 Kubrick non era ancora soddisfatto dello script. La storia dei film di Kubrick è costellata di sceneggiature scritte e riscritte senza sosta da scrittori diversi fino alle modifiche apportate con le improvvisazioni con gli attori sui set, da A.I. iniziato nel 1976 e ancora in panne nel 1999, ad Eyes Wide Shut affrontato nel 1971 e portato avanti senza successo fino al 1996.

Ma tanto adesso c'è Steven con tutti i crismi della Estate. Un bel Napoleon cotto e mangiato, di cui ovviamente Kubrick sarebbe stato felice – macché, fiero.

03 marzo 2013

Spielberg sviluppa il Napoleon

In un'intervista al canale francese Canal+, riportata anche da Indiewire, Steven Spielberg, fresco di nomina come presidente del prossimo festival di Cannes, ha dichiarato oggi: "sto sviluppando una sceneggiatura di Stanley Kubrick, per una miniserie TV, non per un film, sulla vita di Napoleone. Kubrick scrisse lo script nel 1961, un sacco di tempo fa. Insieme agli eredi Kubrick, con cui ho realizzato A.I. faremo questa miniserie su Napoleone."

Per il momento sono queste le poche parole, che confermano solo il suo coinvolgimento con la Kubrick Estate. Non è noto adesso se Spielberg riscriverà la sceneggiatura, se sarà chiamato qualcun altro come si vociferava anni fa, se si limiterà a produrre la serie o la dirigerà personalmente. Dopo tanto bussare alle porte di mezzo mondo, Jan Harlan è riuscito nel suo intento.

Mi limito a dire che molto probabilmente lo script è del '71, non '61. Non sono mai stati trovati documenti o testimonianze di un interesse di Kubrick per la vita di Napoleone prima del 1967.

Il servizio su Spielberg inizia al minuto 9 del video sottostante.

Veuillez installer Flash Player pour lire la vidéo

27 febbraio 2013

Book trailer per "Stanley Kubrick e me"

Cari, vi segnalo il book trailer per il libro "Stanley Kubrick e me" che ho realizzato con alcuni amici. Buona visione.



Produced by A Piece Beyond. Concept by Massimo Dolce, developed by ZERO.
Camera operator & color grading: ZERO.
Editing: Massimo Dolce, Filippo Ulivieri.
Field recording: Iacopo Pineschi.
Still photograper: Francesco Rossi.
Sound design: Francesco Bancalari.
Beethoviana by Wendy Carlos arranged and performed on piano by Enrico Ciolini. Stanley Kubrick's letters read by Andrea Bonucci.
Thanks to Unterwelt and Matteo Carnevali for his handmade custom camera dolly.


Alcune foto del backstage sono in questo video che ho montato per promuovere il dolly artigianale realizzato dai ragazzi di Unterwelt.

12 febbraio 2013

Un mio corso su Stanley Kubrick

Cari, vi comunico che venerdì 10, sabato 11 e domenica 12 maggio terrò un corso su Stanley Kubrick presso Il Cinema del Carbone di Mantova, associazione culturale dal ricchissimo calendario tra riscoperte di classici del cinema e proposte di percorsi monografici.

Ho scelto di intitolare il mio corso "Kubrick su Kubrick". A partire dalle dichiarazioni di Stanley Kubrick contenute nelle oltre 200 interviste da lui rilasciate alla stampa, analizzeremo il suo peculiare modo di fare cinema: dalla scelta della storia all’adattamento, dalla direzione degli attori alla fotografia, dal montaggio alla promozione presso il pubblico. Lasciando parlare il regista sarà possibile vedere i suoi film depurati dalle interpretazioni di critici e dagli stereotipi perpetuati dalla stampa: uno sguardo nuovo, filologico, per scoprire il vero metodo kubrickiano ed evidenziare la mano sicura del regista in un corpus d’opere coerente e compatto. Il corso si avvarrà di materiali d’archivio inediti e raramente visti in Italia.

"Kubrick su Kubrick" si terrà al Cinema Oberdan, via Oberdan 11, Mantova. Per informazioni e prenotazioni telefonare allo 0376.369860 o inviare un'email a info@ilcinemadelcarbone.it.

Sto preparando in questi giorni la scaletta e i materiali; se qualcuno volesse darmi dei suggerimenti su quali aspetti potrebbe essere utile toccare o su quali cose vi piacerebbe vedere o ascoltare, lasciate un commento. Per chi potrà, ci vediamo a Mantova. Grazie per l'attenzione.

Aggiornamento 26.02.2013: ho ricevuto un'email dalla segreteria del Cinema del Carbone con le info per l'iscrizione al corso. "Kubrick su Kubrick" avrà una durata di 10 ore e un costo di iscrizione di 30 euro per i soci, di 30 euro + tessera associativa 2012-2013 per i non soci, di 20 euro per gli studenti delle scuole superiori e dell'Università di Mantova. E' richiesta la pre-iscrizione che potrà essere effettuata scrivendo a info@ilcinemadelcarbone.it, telefonando allo 0376.369860 o direttamente al cinema Oberdan in occasione di eventi e proiezioni (la quota potrà essere versata anche all'inizio del corso).

07 febbraio 2013

AK sulla Gazzetta di Parma

E' stata pubblicata ieri sulla Gazzetta di Parma, nella pagina degli spettacoli, la prima segnalazione-recensione di questo sitino. L'articolo, dal titolo "Tutto (e di più) su Kubrick" definisce ArchivioKubrick "un'autentica miniera di notizie sul grande regista".
Fondamentale. Così potrebbe essere definito il sito di Filippo Ulivieri su Stanley Kubrick. In tanti conoscono il lavoro di Ulivieri in tutto il mondo, dal momento che ha debuttato più di un decennio fa, ma «repetita iuvant»: www.archiviokubrick.it è infatti uno strumento insostituibile per approfondire l'opera del grande regista scomparso nel 1999.

Un «oceano» di notizie - per citare solo alcune sezioni presenti all'interno: una dettagliatissima biografia, le opere realizzate e i progetti incompiuti, poi interviste, testimonianze e pubblicazioni - in cui tutto è però catalogato con ordine e passione. La stessa che Ulivieri ha messo nello scrivere a quattro mani con Emilio D'Alessandro (amico, assistente personale e factotum dell'autore di Lolita, 2001 Odissea nello Spazio, Arancia meccanica, Barry Lyndon e Shining) il libro Stanley Kubrick e me, presentato dai due autori a Parma il mese scorso al cinema Edison.

Come detto, ArchivioKubrick non è solo, a dispetto del nome, un luogo in cui tutto viene catalogato con quell'ordine che si potrebbe a ragione definire kubrickiano, ma qualcosa in divenire come può capire molto bene chi si iscrive al blog per ricevere gli aggiornamenti. Per fare un esempio, tra le ultime news che gli iscritti hanno ricevuto, alcune hanno come argomento l'album di ritagli perduto dell'Overlook Hotel (quello di Shining) e il finale originale (pagine dallo script con la scena in ospedale) del celeberrimo horror interpretato da Jack Nicholson. E sempre ArchivioKubrick ha annunciato l'imminente uscita in dvd di una nuova edizione di Fear and desire, primo lungometraggio che il regista girò nel 1953. Un dvd che conterrà anche i famosi corti kubrickiani: Day of the Fight, Flying Padre e The Seafarers. Una notizia-bomba per chi ama il cinema del maestro newyorkese che scelse di vivere e lavorare in Inghilterra.

Ma tutto questo è solo una «goccia» di ciò che si può trovare nel sito. E il bello, probabilmente, deve ancora venire.
Accanto all'articolo, un occhiello annuncia la messa online di Duemilauno, il blog di Simone Odino. Bellissimo trovarsi così, per caso, fianco a fianco a fondo pagina di un quotidiano. Un grazie sentito a Michele Ceparano.

04 febbraio 2013

Le riprese aeree dell'inizio di Shining

Lo scorso dicembre è stata pubblicata un'intervista a Jeff Blyth, l'operatore che ha effettuato le riprese in elicottero usate all'inizio di Shining per conto della MacGillivray-Freeman Films.



Oltre a raccontare in dettaglio la sua esperienza e descrivere come è riuscito ad ottenere quelle meravigliose planate basse dietro al maggiolino giallo, Blyth rivela anche una decisione creativa nel montaggio del film: la sua troupe avrebbe dovuto preoccuparsi del primo viaggio di Jack Torrance verso l'Overlook Hotel, in auto da solo, mentre un'altra troupe avrebbe coperto con riprese da terra il secondo viaggio, quello insieme a Wendy e Danny. In questo secondo viaggio, il maggiolino avrebbe trainato un piccolo rimorchio su due ruote, su cui la famiglia aveva caricato i propri effetti personali. Queste riprese non sono state usate nel film: Kubrick ha preferito coprire il secondo viaggio sempre con le riprese aeree di Blyth. Credo che questa rivelazione dia la misura di quanto sbalorditivo sia questo girato.

Il testo dell'intervista è stato rimaneggiato da Blyth per un articolo apparso sul Kubrick Site: in coda alle informazioni già rilasciate nell'intervista, Blyth aggiunge un'altra rivelazione su una scena tagliata.

Inizialmente, nella sceneggiatura del film, il contatto telepatico tra Danny e Mr Halloran doveva aver luogo mentre quest'ultimo era in automobile lungo la Pacific Coast Highway. La MacGillivray-Freeman Films girò un elaborato stunt con l'auto che lentamente superava la linea tra le corsie, sbandando nella carreggiata opposta e schivando all'ultimo momento l'impatto con un tir in arrivo. Questa scena è stata sostituita dall'inquietante primo piano di Scatman Crothers che viene colpito dalla luccicanza di Danny mentre a letto guarda la TV.

Interview with Jeff Bluth, Gavin Midgley, Take One 10.12.2012
On The Helicopter Shadow in The Shining, Jeff Bluth, The Kubrick Site 2012

01 febbraio 2013

Blog su 2001: Odissea nello Spazio

Simone Odino, vecchissima conoscenza di questi lidi, uno che non esiterei a chiamare net-pal (dovranno prima o poi inventare una parola per definire il rapporto personale di due individui che non si sono mai visti di persona ma intrattengono una fitta, gustosa e reciprocamente fruttifera relazione epistolare digitale), è tornato all'opera.

Risuscitando la sua passione per 2001: Odissea nello Spazio, dalle ceneri del fu "2001: Sentinella del Futuro" di Odino.com, apre oggi un blog in italiano interamente dedicato al film di fantascienza di Stanley Kubrick.

Duemilauno raccoglierà:
  1. Una bibliografia completa di fonti in italiano e inglese su 2001, ottima per ricercatori e studenti di facoltà.
  2. Uno sguardo senza precedenti ai precursori di 2001: i film che hanno preceduto la realizzazione del capolavoro e forse ispirato Kubrick e Arthur C. Clarke.
  3. Riflessioni originali sul contesto storico in cui il film è da inserire: la corsa alla Luna che vide come protagonisti gli Stati Uniti e l'URSS negli anni Sessanta.
Auguro a Simone buon lavoro e non vedo l'ora di iniziare a leggere le puntate successive del suo viaggio (ultimate trip!) tra i precursori di 2001; la prima puntata è già online.

31 gennaio 2013

Recensione di Fear and Desire in DVD e Blu-ray, Masters of Cinema

E' appena arrivata dall'Inghilterra l'edizione della Masters of Cinema del primo film di Stanley Kubrick, Fear and Desire. La confezione, disponibile in versione DVD e Blu-ray, include un disco su cui sono presenti il film in edizione restaurata, i cortometraggi Day of the Fight e Flying Padre che fanno qui il loro debutto assoluto in home-video, il corto The Seafarers in edizione restaurata e un'intervista al critico Bill Krohn, più un libretto di 32 pagine illustrato in bianco e nero.

Questa edizione è la versione europea Regione 2 / Area B dell'edizione Kino Lorber di qualche mese fa: i master video di Fear and Desire e The Seafarers sono gli stessi. MoC aggiunge però gli altri due corti e i contenuti extra: edizione quindi da preferire anche se non ci fosse la questione della regione che rende il disco Kino non leggibile dai lettori italiani.

La qualità audio-video di Fear and Desire è quanto di meglio ci si potesse aspettare: il restauro effettuato dalla Library of Congress è davvero ottimo, per una copia lontana anni luce da quanto eravamo abituati a vedere fino a oggi in copie di fortuna ed edizioni di contrabbando in DVD. Il trasferimento mantiene una piacevole grana da pellicola d'epoca e fa apprezzare il grande contrasto luce/ombre ottenuto da Kubrick girando nelle foreste della California.

Il restauro di The Seafarers è ugualmente valido: rispetto alla copia distribuita in video dalla Indian Relay Films qualche anno fa, questo trasferimento è infinitamente più pulito e più stabile. Non so dire se si tratti di un restauro digitale della stessa copia o di un nuovo trasferimento, ad ogni modo il miglioramento è notevole: pochissima sporcizia e nessun disturbo nella visione. Anche questa copia tuttavia non presenta le prime due inquadrature sulla barca, ormai reperibili solo nelle copie digitali in P2P.

La qualità video di Day of the Fight e Flying Padre invece è leggermente deludente: non sembra discostarsi troppo da una buona edizione televisiva. C'è comunque da gioire per l'inclusione dei due film in un'edizione ufficiale che completa quindi la produzione registica giovanile di Kubrick, ma dopo tanta cura per il primo lungometraggio e il documentario sui marinai spiace non vedere la stessa attenzione per questi due corti.

Il saggio video di Bill Krohn dura quindici minuti: il critico ne spende metà per raccontare la fortunosa produzione di Fear and Desire e metà per inserire l'opera prima di Kubrick nel contesto della sua produzione successiva. Un'intervista inconsistente e inutile esattamente come il suo libro.

Il libretto contiene crediti dettagliati dei film, un saggio di James Naremore, anch'egli vecchia presenza della bibliografia Kubrickiana, che qui dice quello che c'è da dire, inquadrando il film nel contesto storico delle produzioni hollywoodiane, indipendenti e straniere negli Stati Uniti della prima metà degli anni '50. Naremore si trattiene anche dal partecipare al giochino sterile di individuare in Fear and Desire tracce del Kubrick che verrà, preferendo piuttosto illuminare le ispirazioni alla base delle scelte estetiche di Kubrick nella sua opera prima, montaggio in stile russo su tutti.

Chiude il libretto una pagina con dichiarazioni di Kubrick sul film tratte dal libro di Alexander Walker Stanley Kubrick Directs (non accreditato).

In definitiva, questa della Masters of Cinema è una gran bella edizione che completa davvero il canone Kubrick in video.
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