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30 dicembre 2009

Napoleon: recensione parte 6

Riprendo la recensione del libro Text dello Stanley Kubrick's Napoleon, con il trattamento che Kubrick ha concluso il 2 novembre 1968, presentato qui senza introduzione ma con le note di Geoffrey Ellis come già era stato fatto per i dialoghi con Felix Markham.

Una data di chiusura del testo così prematura potrebbe indicare, più che un vero trattamento, il tentativo da parte di Kubrick di mettere ordine tra il materiale accumulato: mi immagino il regista avere di fronte decine di citazioni dalle lettere dei personaggi storici, estratti da libri con descrizioni delle istituzioni francesi, tutto sparpagliato sulla scrivania, a spostare i pezzi avanti e indietro come in un domino per intravedere lo svolgersi delle scene del suo film. Ed effettivamente, leggendo il testo, a partire dal semplice concatenamento di questi elementi, sprazzi di film affiorano dalle pagine.

Dopo una partenza folgorante – "For much of the time he was carried in his mother's body, Napoleon could hear the sound of war," scrive Kubrick come incipit – le scene che seguono elencano gli episodi salienti della prima parte della vita di Napoleone e sono poco più che un riassunto. Poi però, d'improvviso, entra in scena Josephine e il trattamento prende ritmo: Kubrick inizia ad alternare le scene di politica e strategia militare (le sommosse parigine post-rivoluzione, il contenimento della flotta inglese e la campagna d'Italia) con momenti intimi tratteggiati dalle appassionate lettere che Napoleone scrive all'amata. La semplice giustapposizione di eventi pubblici/privati è sufficiente per raggiungere l'obiettivo che Kubrick si era appuntato in una nota scritta all'inizio del progetto: "There probably will be more than ample opportunity to make all the psychological points that can possibly be made, tied into the main events of the story. Unlikely to need many scenes of their own to be there just to make psychological points."

Significativo in questo senso è quanto la relazione tra Napoleone e Josephine inizi subito in modo dolorosamente asimmetrico: alla fine del loro primo incontro Kubrick scrive con ironico distacco: "That night Napoleon went to bed filled with the romantic thoughts about Josephine. Josephine went to bed with Barras." Bastano questi pochi passaggi per garantire già l'immedesimazione emotiva del pubblico con Napoleone.

"I awake intoxicated with thoughts only of you," cita Kubrick dalle lettere di Napoleone qualche pagina più avanti, a cui fa seguire crudelmente una fredda e distante lettera di Josephine a un amico: "The question is am I in love? Unfortunately I cannot say that I am, but the worst of it all is that I find myself in a profound state of indifference – lukewarm would be the best way to put it." Josephine si dedicherà invece con passione alla sua relazione con il Luogotenente Hippolyte Charles, un damerino di bell'aspetto. Conoscendo ciò che Kubrick leggeva all'epoca, sono convinto avesse individuato qui echi del Girotondo schnitzleriano, in cui tutti rincorrono l'amore di qualcun altro in una sorta di frenetica e triste catena emotiva-sessuale.

Per meglio mettere a fuoco la psicologia di Napoleone, invece che di una scena appositamente costruita, Kubrick si serve di una lettera del finanziere Hamelin con cui sarà stato sicuramente d'accordo e che suona infatti come il suo punto di vista: "I felt extremely distressed at the thought of this young general – already in the aura of a glory which reflected on his wife – in a losing contest with a little dandy who had little to recommend him except a pretty face and a hair-dresser's elegance."

L'insoddisfazione emotiva di Napoleone è una costante in tutti i primi capitoli e pone le basi per la traiettoria di caduta che avverrà in seguito. "My husband doesn't love me – he worships me," riprende ancora Josephine, "I fear he will go mad with love." L'obiettivo del regista è quanto mai chiaro: osservare come il virus dei sentimenti, delle emozioni, inizi a contaminare il cervello di Napoleone rovinandone la splendida geometrica efficacia da stratega militare. Ragione vs. Sentimento, come sempre in Kubrick.

Nei capitoli successivi la lettura risulta appassionante semplicemente grazie al resoconto degli eventi della vita di Napoleone: la campagna d'Egitto, il ritorno in patria, il Consolato, l'incoronazione a Imperatore. Aveva ragione Kubrick: Napoleone poteva non essere il migliore o il più onorevole uomo nella storia, ma di certo il più interessante.

Si percepisce chiaramente la passione di Kubrick per il soggetto: il regista parla delle riforme politiche e amministrative intraprese dall'Imperatore con lo stesso entusiasmo che spende per raccontarne le gesta eroiche in battaglia. E pare anche di intravedere una netta somiglianza tra i due quando scrive, con evidente ammirazione, "France was beginning to feel the impulse of a unified will and a controlling mind working at top speed – often 18 hours a day."

A volersi divertire, è facile proseguire il parallelo tra regista e Imperatore, specialmente leggendo in controluce la descrizione di come Napoleone passasse la giornata: lo riporto integralmente perché mi pare la miglior descrizione mai fatta – ma di Kubrick.
He rose at 7:00 am, to read reports and to dictate letters until 9:00 am. [...] He was always busy with paperwork, even in the field.
It was estimated that he dictated about 80,000 letters during his 15 years of rule. When going through his mail and reports, he would deal immediately with urgent matters, place less important papers in one stack, and throw everything else on the floor. He would dictate so rapidly that his secretary could only make notes and would then have to attempt a fair reconstruction of what was said. But Napoleon would carefully re-read each letter and make corrections before he signed them. His own handwriting was so illegible he frequently could not read it himself.
He rarely spent more than a quarter of an hour at meals and always drank an indifferent Chambertin. He preferred eating dinner alone, and, after the food was set out before him, he would often eat dessert, meat, soup in no special order.
The rest of his day would be spent at his desk or in conference, and he was usually in bed by 10:00 pm, though he would sometimes rise and resume work in the small hours. His personal secretary was always to be present unless he was sent out of the room. He was never to speak unless he was asked a question and he was always to be ready to commence dictation. In the pauses between dictation, he was supposed to make fair drafts of previous letters. He was expected to present himself at any hour of the day or night when Napoleon might awake to commence work.
Napoleon got surprisingly high marks from his personal servants, his aides, his secretaires, and his valets. In their experience, he was naturally kind and considerate, if he got into a rage it was quickly over and he usually made amends.
There were evenings when he would sometimes stroll incognito through the streets of Paris in civilian dress [...]
The charm which Napoleon could turn on at will was used to fortify his mastery over men's minds. [...] His surest touch was with his soldiers. His constant reviews, and his presence on the battlefields, enabled him to establish an extraordinary degree of personal contact, particularly among the Guard. Napoleon played on the emotions of glory, adventure, and comradeship with the skills of a sorcerer. Wellington reckoned the moral effect of Napoleon's presence with his army was worth 40,000 men.
Napoleon's only relief from tension was his love of scalding hot baths, which he took as many as three times a day, and would sit in for up to two hours at a time. His servants had strict instructions to keep the tub filled and ready twenty-four hours a day.
Pare perfino di percepire solidarietà per questa presunta bizzarria.

Il trattamento riprende ad alternare strategie di guerra e scaramucce sessuali, che continuano a interessare Kubrick così tanto da dedicare metà pagina al mancato incontro tra Napoleone e M.lle X, un'innominata attrice di grido che l'Imperatore si è fatto portare nella sua camera da letto ma a cui non dedica tempo per non sottrarlo alla lettura delle sue carte. Ecco una scena per realizzare quel che il regista aveva detto a Jay Cocks nell'intervista "Degrees of Madness" di Time: "'Molta gente non è consapevole che alla vigilia di una battaglia Napoleone passava la maggior parte del tempo sulle scartoffie.' Di tutti i registi del mondo, – concludeva Cocks – Kubrick è forse il solo che possa fare un film epico a partire da delle scartoffie."

La traiettoria discendente di Napoleone inizia con i problemi in Portogallo (indeciso se seguire l'Inghilterra o la Francia), in Spagna (guerriglia a causa della sostituzione dei sovrani imposta dall'Imperatore) e soprattutto con le macchinazioni di Talleyrand che gettano le basi per il voltafaccia russo e la catastrofe dell'inverno 1812 con la decimazione della Grande Armée. Come ci aspettavamo, questi eventi seguono in parallelo il lunghissimo e doloroso divorzio da Josephine, e di nuovo il lettore (lo spettatore) si trova a comprendere lo stato d'animo di Napoleone in modo chiaro, nonostante nessuna frase (scena) dica esplicitamente qualcosa sui suoi pensieri.

Che il trattamento non sia definitivo lo si capisce anche da come, in queste scene, Josephine risulti esageratamente attaccata a Napoleone, quando l'avevamo lasciata un paio di capitoli prima allegra e distratta tra le braccia dei suoi amanti. E' probabile che nella sceneggiatura ultimata il passaggio da "tepore" a "ardore" fosse stato meglio calibrato. Simile buco si rintraccia poco più avanti per l'entrata in scena di Maria Luisa d'Austria, seconda moglie di Napoleone e madre del suo erede, che appare e scompare senza lasciare molte tracce.

Il mistero della relazione tra Napoleone e Josephine, o meglio del personaggio Josephine stesso, permane anche nella sequenza, tragica e toccante, della sua morte tra i lustri di un'aristocrazia in declino: per non distogliere attenzione ai suoi ospiti e per sentirsi ancora amata e importante, Josephine trascura la sua salute fino a perderla del tutto. Napoleone, in esilio all'Elba, saprà della notizia dai quotidiani e passerà un'intera giornata chiuso nelle sue stanze.

Alla fine del capitolo Elba Napoleone si risolve a rischiare un ultimo tentativo per tornare al potere: il trattamento di Kubrick, pur semplice, non è scevro da effetti drammatici quando riporta prima di un fade-to-black il commento della madre di Napoleone alla notizia: "'You were not made to die on this island,' she said." Ugualmente grandiosa la scena in cui Napoleone si para innanzi ai suoi ex-soldati a petto scoperto gridando "If there is any soldier among you who wishes to kill his emperor, he may do so. Here I am." Un singolo proiettile avrebbe posto fine all'avventura – scrive Kubrick – ma il reggimento restò impietrito, ipnotizzato da questa visione di gloria passata. Gli uomini infine ruppero i ranghi e circondarono Napoleone al grido di "Vive l'Empereur!"

Influenzato ancora una volta dalle emozioni – la gloria per il suo ritorno a Parigi – Napoleone sbaglia il suo giudizio sul Congresso di Vienna e non prevede le mosse dei nemici; di nuovo, offuscato dall'odio verso Wellington, il comandante delle truppe inglesi, sottostima le forze dell'avversario e, ancora, tormentato dal dolore alla vescica che lo accompagnava da anni, ritarda la preparazione della battaglia e l'affida al Maresciallo Ney che non si rivelerà all'altezza. La carica dei Prussiani spazza via l'esercito francese colpendolo al fianco: Waterloo è arrivata. "One must not forget that I am only a man, after all," ci ricorda Napoleone dalle sue memorie.

Inevitabile a questo punto che il trattamento faccia seguire alla sconfitta militare e politica una delicata scena intima, in cui Napoleone passeggia nel giardino di Malmaison con Hortense, la figlia di Josephine: tra i verdi cespugli di una fresca sera estiva, Napoleone si lascia andare all'onda dei ricordi e sussurra: "I still cannot believe she is not here. At any moment, I expect to see her appear around the corner with an armful of flowers. My poor, poor Josephine."

Quando dopo l'epilogo di St. Elena il trattamento si avvia alla conclusione, pare vedere la macchina da presa avvicinarsi alla lapide tombale di Napoleone mentre la voce narrante racconta come gli inglesi fossero indecisi su cosa dovesse esserci scritto; Kubrick chiude la storia con questa frase: "There was a dispute and in the end, the tomb was left nameless" ed è inevitabile sentire il lamento del violoncello che chiude, con la stessa malinconia, Barry Lyndon.

Il film realizzato come ripiego per l'irrealizzato Napoleon ha molti debiti con questo progetto: la sibillina nota "You need distance" che si leggeva tra le prime carte acquista un significato molto chiaro se letta pensando a Barry Lyndon. Il gioco di Kubrick di dosare attentamente successi e fallimenti saltando da un personaggio all'altro contribuisce anche in questo trattamento a schiacciare tutte le figure storiche in un tempo assoluto e osservarne le gesta da una prospettiva siderale.

Una lettura splendida, questo trattamento, utilizzabile anche come Bignami della vita di Napoleone, ma soprattutto come una bozza per un film appassionante, ricco di tutti gli ingredienti necessari: come aveva scritto Kubrick a margine delle sue letture, "It has everything a a good story should have. A towering hero. Powerful enemies. Armed combat. A tragic love story. Loyal and treacherous friends. And plenty of bravery, cruelty, and sex."

Le altre recensioni:
  • Impressioni iniziali: spacchettando i libri.
  • Prima parte: i tre libri più piccoli.
  • Seconda parte: sei saggi del libro Text.
  • Terza parte: i dialoghi tra Kubrick e Markham.
  • Quarta parte: corrispondenza, appunti e cronologia.
  • Quinta parte: iconografia e piano di produzione.
  • Settima parte: lo script del 1969.
  • Ottava parte: ultimi due saggi di Text.
  • Conclusione: recensione finale sull'intero libro.
  • 29 dicembre 2009

    Mostra delle foto di LOOK a New York (2)

    Recensendo la mostra "Only in New York" che raccoglie una serie di scatti realizzati da vari fotografi per la rivista LOOK, il New York Times fornisce una galleria di scatti tra cui compaiono il pugile Rocky Graziano, immortalato da Kubrick nel 1950, e il nightclub Copacabana, fotografato nel 1949.



    Questo l'estratto dell'articolo che parla delle fotografie di Kubrick:
    Among the talents Look attracted was a young Stanley Kubrick, who sold his first photograph to the magazine at the age of 16 and continued to work for it for five years. In his images of prizefighters and showgirls, New York is a noirish, not-quite-believable backdrop, as it was in Kubrick’s much later film “Eyes Wide Shut.”
    Even his sunnier assignments have a suspenseful edge. He was one of three photographers assigned to cover the spectacle of a Midtown billboard painter working, high up on a scaffold, from a live model. The other shooters focused on the woman and the product, the Peter Pan bra company’s “Merry-Go-Round” (slogan: “The secret’s in the circle!”). Kubrick took close-ups of the gobsmacked people on the ground.
    Back When ‘Look’ Meant a Magazine, Karen Rosenberg, The New York Times 25.12.2009

    27 dicembre 2009

    Terry Gilliam e Arancia Meccanica

    In un'intervista promozionale per il suo ultimo film, Parnassus: l'uomo che voleva ingannare il diavolo, Terry Gilliam ricorda i suoi esordi come artista grafico e ci regala questa chicca d'epoca, che personalmente non avevo mai sentito.
    What's also interesting - at that point in my life, I came back from holiday with my wife and found a letter from Stanley Kubrick. It turned out he wanted me to do the opening credits for A Clockwork Orange - but by the time I got back, it was too late. So, that was my career with Kubrick: over before it even began!
    Nel 1971 Gilliam impazzava alla TV britannica con i Monty Pyton e il loro Flying Circus, uno show surreale con fulminanti battute di sublime humour inglese.

    La predisposizione all'assurdo di Gilliam e i suoi collage di ritagli in stile vittoriano con piedi giganti e poliziotti travestiti avrebbero sicuramente fatto faville sui temi di Arancia Meccanica – pur senza togliere nulla all'ottimo stile cartoon di Philip Castle.



    The wild imagination of Terry Gilliam, Aaron Graham, Uptown Magazine 24.12.2009

    23 dicembre 2009

    Napoleon: recensione parte 5

    Pensavate che avessi finito col librone, eh? No, no, sono sempre lì a leggerlo. Se non altro i 500 Euro garantiscono una lunga durata. Ecco quindi due nuovi libri dello Stanley Kubrick's Napoleon della Taschen.

    Reference
    E' un album che presenta le fonti iconografiche raccolte da Kubrick per iniziare a ragionare sull'aspetto visivo del Napoleon. L'album presenta una selezione dalle pagine di due raccoglitori ad anelli sui 24 presenti nei bauli dell'archivio. Le fotografie erano ordinate più o meno per argomento: si trovano quindi una serie di ritratti di Napoleone, poi scene di vita familiare e mondana dell'epoca, poi dipinti e stampe dalla campagna di Russia e così via.

    Come per le note sui costumi, le fotografie alle pagine sono state realizzate fronte/retro, in modo che sfogliando questo album si ha l'impressione di sfogliare i veri raccoglitori ad anelli di Kubrick.

    In un paio di occasioni si ritrovano disegni che devono aver ispirato alcune scene di Barry Lyndon, come l'incontro adulterino tra Redmond e la cameriera nel parco e la carrozza del piccolo Bryan trainata dai montoni.
















    Production
    Il libro, copertina morbida rilegata a caldo, presenta soprattutto le riproduzioni fotografiche delle bozze del piano di produzione scritte da Kubrick a mano e a macchina.

    Questo piano di produzione era allegato alla fine del trattamento inviato alla MGM nel 1968 per ottenere il finanziamento: per convincere i capi della major, Kubrick ha spiegato dettagliatamente le sue idee per contenere i costi e al contempo realizzare comunque un film ricco e di valore. "Le quattro principali aree di costo per un film di grandi proporzioni," scrive Kubrick, "sono: 1) gran numero di comparse; 2) gran numero di uniformi militari; 3) gran numero di set costosi da costruire; 4) star cinematografiche ad alto salario." Per ciascuna di queste voci seguono pagine di escamotage per limitarne l'impatto sul budget, dalle riprese in Yugoslavia e Romania dove la manodopera costa un decimo che in Inghilterra alle uniformi stampate su carta resistente per le scene di massa, dal noleggio delle vere location fino l'uso della front-projection.

    Per quanto riguarda gli attori, Kubrick scrive una pagina che svela una acutissima percezione del valore degli interpreti di un film, suddivisi in "bravi attori" e "star", due gruppi che non sempre coincidono. Per il suo Napoleon all'epoca Kubrick aveva in mente David Hemmings come prima scelta e Oskar Werner come seconda scelta. Audrey Hepburn era invece l'unica opzione per la protagonista femminile: "non sono in realtà interessato a nessun'altra Josephine," confessa Kubrick: il problema è che l'attrice in questione "dovrebbe essere in grado di recitare l'infelicità con gusto e stile, una cosa che poche attrici sembrano in grado di eseguire senza cadere in un'esagerata auto-commiserazione." Questo commento è stato eliminato, prudentemente, dalla versione definitiva inviata agli ingessati dirigenti della major.

    Segue il capitolo su cosa è stato completato fino a quel momento, e uno si trova annientato dalla mole di progressi già raggiunti al solo mese di novembre 1968, poco più di sei mesi dopo il debutto di 2001: Odissea nello Spazio nelle sale. Ricordiamo anche che nel frattempo Kubrick era impegnato anche con la supervisione del doppiaggio nelle lingue straniere. Sono dieci anni che leggo di Kubrick e tuttora resto sorpreso di fronte a quanto efficacemente riuscisse a spremere il tempo.

    Viene poi riprodotto integralmente il piano di produzione in versione definitiva (una ripulitura di questi appunti), lo stesso che era trapelato su Internet qualche anno fa.

    Si passa poi a 80 pagine che riproducono integralmente la suddivisione in scene del trattamento, con distinzione tra scena di esterni e scena di interni, con in appendice l'elenco dei personaggi. Onestamente, cosa me ne frega? Si prosegue nell'inutilità con il piano di produzione delle scene in Ungheria, che fornisce informazioni sui giorni impiegati nelle varie scene, il costo di ogni risorsa e i servizi aggiuntivi (catering, trasporti, ecc.). Come buttar via mezzo libro.

    Proseguendo con i difetti del libro, la scelta della rilegatura a caldo è totalmente infelice per un volume di 250 pagine: basta leggerlo una volta, anche evitando di aprirlo completamente, e sulla costola si creano pieghe. Ben più grave, nella prima parte i fogli delle bozze sono palesemente in ordine errato: si ritrova lo stesso argomento separato in più punti e la prima versione scritta a mano è sparpagliata mezza all'inizio e mezza alla fine. Bravi, di nuovo, bravi.











    Le altre recensioni:
  • Impressioni iniziali: spacchettando i libri.
  • Prima parte: i tre libri più piccoli.
  • Seconda parte: sei saggi del libro Text.
  • Terza parte: i dialoghi tra Kubrick e Markham.
  • Quarta parte: corrispondenza, appunti e cronologia.
  • Sesta parte: il trattamento del 1968.
  • Settima parte: lo script del 1969.
  • Ottava parte: ultimi due saggi di Text.
  • Conclusione: recensione finale sull'intero libro.
  • 20 dicembre 2009

    Intervista a Diane Johnson

    Anacronistico e bizzarro articolo, quello di Mario Serenellini sul Venerdì di Repubblica dell'altro giorno, scritto per pubblicizzare The Stanley Kubrick Archives della Taschen (del 2005!) al posto del Napoleon appena uscito, con un'intervista a Diane Johnson, co-sceneggiatrice di Shining, e un vecchio commento di Martin Scorsese tradotto dai Cahiers du Cinéma.

    Un calderone senza senso, che spreca pure l'occasione di far dire alla Johnson, di solito un pozzo di intelligenza, acume e incisività, qualcosa di decente. A parte una gustosa frecciata a Stephen King, "obbligato a girare una propria versione" del romanzo per la TV e adesso perso dietro la scrittura di un sequel ("Il film deve essere stato un terremoto delle sue insicurezze"), le uniche due risposte degne di nota sono le seguenti:
    Confrontandosi sul libro, mi divenne sempre più chiaro che, per lui, il nocciolo era l'odio d'un padre verso il figlio. Una storia di famiglia: dove andava approfondita il più possibile la descrizione psicologica del ragazzino. Scartando le componenti classiche dell'horror – il fantastico, il mistero, le apparizioni spaventose – voleva che il terrore si scatenasse da una situazione organica.
    Ancora una volta, la normalità quotidiana rovesciata in enigma, in allarme. [...]
    In Shining pretendeva che il ribaltamento si realizzasse già nei dialoghi dell'inizio, neutri, e proprio per questo sospetti, minacciosi, perché senza preavviso suscettibili d'improvvisi giri di boa. Dialoghi scorrevoli, incolori, ma con dentro un virus pronto ad esplodere.
    La vera notizia contenuta nell'articolo è l'arrivo in Italia dell'installazione "Unfolding Aryan Papers" delle sorelle Wilson, intitolata "The Aryan Couple" (titolo che spero vivamente essere un errore del giornalista): in primavera, grazie all'interessamento della Fondazione Museo Archeologico Virtuale di Ercolano.

    Quando facemmo Shining e litigammo con Stephen King, Mario Serenellini, il Venerdì di Repubblica 18.12.2009
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