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14 settembre 2012

Room 237: recensione

Ho ricevuto una copia del documentario Room 237 sulle (sovra)interpretazioni di Shining che verrà presentato in anteprima italiana al Milano Film Festival Sabato 22 Settembre, in abbinamento con un incontro con Emilio D'Alessandro per la sua biografia Stanley Kubrick e Me.

Il documentario presenta le voci di cinque individui nordamericani - il solo nome conosciuto è quel Geoffrey Cocks di The Wolf at the Door (chi segue il blog sa già dunque cosa aspettarsi) – i quali spiegano le loro teorie interpretative sul film alla ricerca ossessiva di dettagli e prove a lor dire inconfutabili mentre il film viene sezionato, zoomato, replicato, rallentato e riprodotto avanti e indietro. Sì, siamo invitati a casa di cinque teorici del complotto. Enter at your own risk.

Shining diventa così un'allegoria dell'Olocausto, un'allegoria del genocidio degli indiani d'America, un'elaborazione del senso di colpa di Kubrick per aver simulato l'allunaggio del 1969...

Diretto con brillante arguzia da Rodney Ascher, che sceglie di non mostrare mai gli intervistati né di indicarli con il loro nome se non la prima volta, il documentario risulta da subito una oppressiva e verbosissima sequela di ragionamenti (esito a dire vaneggiamenti per rispetto) che non lasciano respiro e in un paio di momenti causano le vertigini.

Ci sarebbe da inquietarsi, come nel bellissimo e di gran lunga superiore Resurrect Dead (vi scongiuro, guardatelo), ma in questo caso il grado di assurdo è così alto che la pressione psicologica delle varie interpretazioni finisce per esplodere sovente in un sorriso. Il mio momento favorito è quando, nell'interpretazione "allegoria dell'Olocausto", le dissolvenze finali in avvicinamento sulla fotografia di Jack Torrance causano il posizionamento del ciuffo di capelli della stempiatura di Nicholson sul suo labbro superiore, così che i capelli diventano i baffetti di Hitler. Sublime.

L'unico momento in cui Ascher interviene è nel finale, quando candidamente chiede al più infervorato dei vari "critici" (virgolette d'obbligo): "Perché Kubrick avrebbe dovuto inserire dei simboli così nascosti?" La risposta: "Per aprire delle porte. O anche per intrappolare persone come me. Sono incastrato dentro Shining da sempre."

"Non vediamo le cose come sono, vediamo le cose come siamo", diceva Anaïs Nin.

17 commenti:

Anonimo ha detto...

Ciao Fil,
ti ringrazio per avermi ricordato di vedere Resurrect Dead: è veramente carino. A quando un articolo sul blog? :-) (in un altra vita te l'avrei scritto io :-)

Simone

Filippo Ulivieri ha detto...

Avevo scritto qualcosa sull'altro mio blog, senza poi dire molto perché era un bellissimo film su cui non avevo nulla da dire se non scongiurare i lettori di vederlo. Ecco, ecco, scrivi tu qualcosa, piuttosto :D

Anonimo ha detto...

... lo sapevo!

:-)

S.

Anonimo ha detto...

..e perché scopro solo oggi quell'altro tuo bel blog?

Mapperccchè sono sempre l'ultimo a sapere le cose, pppperchèèè?

:-)

S.

Cato ha detto...

Ho appena finito di guardare Room 237... Dopo aver letto un articolo su questo blog direi che una delle teoriche incongruenze additate dai "complottisti", la pila di bagagli dei Torrance nella lobby che sarebbe stata troppo grande per essere portata su col Maggiolino, è stata totalmente smentita. Nell'intervista a Jeff Blyth si scopre che erano state girate delle riprese aeree del secondo viaggio, quello con moglie e figlio a seguito, da un'altra unità: in quelle sequenze, poi non utilizzate da Kubrick, il Maggiolino trainava un carrello con i bagagli della famiglia.

Filippo Ulivieri ha detto...

Grazie del commento, Cato. Stavamo discutendo di Room 237 anche nell'ultimo post, che trovi qui.

Cato ha detto...

Allora vado a dare un'occhiata. ;) Complimenti per il blog, l'ho scoperto solo oggi e me lo sto sciroppando tutto.

Filippo Ulivieri ha detto...

Wow, benarrivato! Mettiti comodo. ;)

Lucifero_90 ha detto...

Visto ieri. è bello notare come la maggior parte degli indizi che vedevano erano in scene che Kubrick tagliò nella versione europea. Comunque l'unica cosa interessante che ho notato è la finestra nell'ufficio del direttore che effettivamente non può essere lì e tutti i riferimenti ai nativi americani nell'hotel che non avevo mai notato

Filippo Ulivieri ha detto...

Grazie del commento. Il discorso sull'impossibilità spaziale dell'Overlook Hotel è molto interessante ed era anche stato menzionato in qualche articolo di critica: ci sono nel film molti casi in cui la planimetria dell'hotel, sia interna che esterna, non corrisponde, come anche ci sono molti casi in cui deliberatamente si invertono destra/sinistra e davanti/dietro (un caso è quello menzionato nel film della moquette su cui è seduto Danny a giocare, che cambia verso nello stacco di montaggio; un altro è la porta della dispensa, che entrando si apre in un verso e uscendo in un altro). Un regista si preoccuperebbe di non fare tali errori, e invece qui si direbbe che Kubrick si sia preoccupato di farli. Direi che essi servono, se devono servire a qualcosa, a creare un senso di incertezza spaziale, a impedire che il nostro cervello si possa fare un'idea chiara di cosa ci sia dietro ogni angolo dell'hotel, di modo che al regista venga più facile farci uno sgambetto. In fondo, il film horror rappresenta, credo, il massimo esempio di divertimento registico: un sofisticatissimo bubusettete per spaventare e ridere con gli spettatori. Non ci immaginiamo lo zio ridere di tutti questi trucchi e botole disseminati nel film? Io sì. La differenza, azzarderei dire tra un individuo sano e uno molto meno, è che c'è chi scova questi particolari e si diverte, e chi li vuole stanare per provare una sua teoria.

Passando agli indiani, l'hotel è TUTTO in stile nativo americano, perché gli interni sono modellati (si può serenamente anche dire calcati) sull'interno dell'Ahwahnee Hotel che si trova nel parco di Yosemite in California. L'albergo è interamente decorato con motivi American Native, dai fregi sulle colonne agli arazzi appesi, dai vetri colorati delle finestre ai quadri nei corridoi. La battuta sull'hotel costruito sui resti di un cimitero indiano è stata aggiunta da Kubrick e Diane Johnson (è assente nel romanzo di King) quindi è chiaro che il riferimento è intenzionale (il numero di indizi in un film costituisce una prova). Da qui si può concludere che il regista ha voluto aggiungere nel film il tema della decimazione del popolo nativo americano da parte degli immigrati inglesi, e trovare magari un modo per inserire questo elemento nel resto di suggestioni che il film manda, oppure si può concludere dicendo che Shining è un film sul genocidio degli indiani d'America.

E' una questione di misura, ma anche di utilità: nel primo caso Shining si arricchisce di un'ulteriore suggestione e ci dà modo di far lavorare il cervello; nel secondo caso Shining viene rinchiuso in una casella, e quello che ci resta da fare è solo annuire (o dissentire). Mi diverto molto di più col primo sistema.

Filippo Ulivieri ha detto...

PS (mi tocca separarlo perché blogger non accetta commenti troppo lunghi, è naturalmente un complotto!)

Molti dei ragionamenti dei cinque campioni della masturbazione cerebrale non reggono a un banale fact check; per dirne una, nella forsennata ricerca delle apparizioni del numero 42 nel film, tirano in ballo anche Nabokov (che con Shining non c'entra niente e con Kubrick relativamente) e la sua presunta ossessione per lo stesso numero quale simbolo di tutti i mali del mondo. Ora, fermo restando che coi numeri si può far quel che si vuole e ci sarà sempre un'addizione o una divisione che porterà a un 3, un 7 o un qualsiasi altro numero basta che sia dispari, in Lolita, solo romanzo di Nabokov che il contesto ci dovrebbe autorizzare a prendere, il numero 42 c'è solo nella seguente frase: "Tipologia del linguaggio: una gamma di duecentoquarantadue parole del più comune gergo adolescenziale racchiuse fra alcuni polisillabi palesemente europei." (La frase è a pagina 244, dannazione.) E' uno dei comportamenti di Lolita raccontati a Humbert dall'insegnante della scuola, poi trasformata da Kubrick e Peter Sellers nel geniale travestimento del Prof. Zempf. Mi sfugge cosa stavo dicendo. Ah sì, il numero 42 rappresenta tutto il male del mondo, lo dice anche Nabokov.

Piuttosto, non sarebbe stato più simpatico dire: ehi, la camera d'albergo dove Humbert porta Lolita per consumare la prima notte è la 242, che bella strizzatina d'occhio a Vladimir! Invece no. Il male del mondo.

Filippo Ulivieri ha detto...

Interpellato sul documentario, Leon Vitali ha risposto che "sono tutte baggianate!" Non che ultimamente mi fidi granché di LV, ma stavolta quasi quasi... :)

Anonimo ha detto...

Salve, ho visto il film e ho riso molto, soprattutto sulla foto dello sciatore che ritrarrebbe un Minotauro; a parte il fatto che non c'era bisogno di analizzarla (Jack finisce perdersi nel labirinto ed è già una specie di Minotauro), non si capisce perchè K. avrebbe dovuto nasconderlo così. I simboli di Shining sono sì ben nascosti ad una prima visione ma molto, molto riconoscibili ad altre. Qualcuno di voi ha letto l'analisi di Rob Ager? Che ne pensate?222

Filippo Ulivieri ha detto...

Ciao, grazie per il commento. Non ho ancora visto l'analisi di Rob Ager, l'ho scaricata ma è rimasta lì. Lui è quello che fa video lunghissimi su tutti i film di Kubrick proponendo analisi simboliche e a tratti complottiste, giusto? Confesso molta poca passione per questo genere di passatempi :)

Anonimo ha detto...

Salve, non è vero che tutto l'hotel è in stile indiano.il secondo piano ha un decor completamente diverso, inclusa la stanza 237. Ho letto tutta l'analisi di R.Ager e sebbene in alcuni punti scivoli nella sovrainterpretazione credo sia il lavoro più riuscito e attento su Shining. Room 237invece mi è sembrata una vera e propria masturbazione mentale,al limite dello scherzo.

Filippo Ulivieri ha detto...

Grazie del commento, e della precisazione. Per un eccesso di efficacia contro la teoria del genocidio degli indiani avevo semplificato l'osservazione sul decor dell'albergo. Alla tua precisazione posso aggiungere che i bagni rossi sono stati ispirati da un progetto di Frank Lloyd Wright per un hotel dell'Arizona.

Anonimo ha detto...

La parte più riuscita del lavoro diR. AGER, a mio avviso, è quella riguardantel'analisi della scena della camera 237, in connessione con la precedente e la successiva. Piena di intuizioni affascinanti e surrogate da argomentazioni più che credibili. Leggete i suoi lavori, sono fecondi e stimolanti, anche se mi sembra che in qualche capitolo si perda nel labirinto...Ma nulla a che vedere col complottismo, tant'è che non vi è alcun riferimento al "moonh hoax"che sta alla base delle analisi complottiste.

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