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23 dicembre 2012

Stanley Kubrick e Hardy Amies: quando la moda e il futuro si incontrano

Sul sito internet della casa di moda del designer inglese Hardy Amies è stato presentato qualche giorno fa in anteprima il documentario Stanley Kubrick e Hardy Amies: When Fashion and Future Collide.

Hardy Amies ha disegnato i costumi per 2001: Odissea nello Spazio, fondendo lo stile londinese degli anni '60 con una personale visione del futuro. Questo documentario di circa 15 minuti presenta interviste a Jan Harlan e a colleghi di Sir Amies per raccontare come la collaborazione col regista ebbe luogo, l'impatto dei costumi sul film e l'influenza che continuano ad avere non solo per il design cinematografico ma sulla moda contemporanea.

Il contributo più interessante non è certo quello di Harlan ma dell'attrice Heather Downham che interpreta la hostess che raccoglie la penna fluttuante: un piccolo ruolo, ma i suoi racconti dal set sono molto interessanti. Ugualmente gustosa la testimonianza del costumista Frederic Fox, responsabile del design dei cappelli a forma di uovo.

Maggiori informazioni sul sito della casa di produzione, Present Plus.






13 commenti:

Smyslov ha detto...

"Il contributo più interessante non è certo quello di Harlan" :)))

Non ne fai passare una a questo pover'uomo : ) Non sarà Ciment, ma stavolta mi è sembrato più sobrio e acuto del solito.

Molto interessante comunque, grazie per la segnalazione.

Filippo Ulivieri ha detto...

Quello che poco sopporto di JH è da un lato l'onnipresenza, anche quando, e soprattutto, non c'entra niente (per 2001 manco lavorava per SK) e dall'altro, massimamente, quando si erge a detentore della verità artistica sui film di SK. In questo caso le sue parole sono di un'insipienza assoluta. Riascoltale e dimmi se ha fornito un qualche contributo di rilievo a questo documentario: tutte cose che ha già detto e ridetto, senza contare quanto poco erano interessanti perfino la prima volta; in alcuni casi potrebbero essere parole buone per qualsiasi film di qualsiasi regista. Ci avessero messo qualcun altro al suo posto, uno qualunque che aveva davvero lavorato a 2001, sarebbe stato meglio.

Smyslov ha detto...

Capisco bene cosa intendi. Che nessuno possa definirsi detentore di una verità univoca e definitiva in relazione al cinema di Kubrick, mi pare un fatto evidente. La statura critica dell'uomo è modesta, ma non scordiamoci che Harlan non è un critico. Personalmente ritengo che alcune sue uscite maldestre e/o superflue, siano da imputare più al suo entusiasmo e al suo desiderio di preservare e promuovere l'opera di Kubrick, piuttosto che ad un'effettiva intenzione di ergersi a custode unico dei suoi film. Sulle ragioni per le quali lui si sia trovato a ricoprire questo ruolo non mi esprimo. Si tratta però di un uomo che Stanley volle al suo fianco in veste di collaboratore per quasi trent'anni, un uomo quindi di cui Stanley (al di là della parentela) aveva grande fiducia e stima. Forse eccede un po' nella divulgazione (che spesso, lo sappiamo, diventa semplificazione) ma credo che lo faccia a fin di bene e mosso da un sincero affetto per l'uomo Kubrick e per i suoi film.

Superfluo dire che non intendo certo polemizzare con te. Mi piace la discussione e il confronto, specialmente quando si tratta di Kubrick : )

Filippo Ulivieri ha detto...

Quello che dici è esattamente quello che JH vuole far credere e quello per cui sta lavorando da quindici anni a questa parte. Personalmente lo ritengo molto meno sincero e disinteressato, e non penso proprio che SK lo ritenesse uno dei suoi stretti e fidati collaboratori. Ma sfortunatamente non ci sono sedi adatte per una discussione approfondita e sostenuta da fatti.

Polemizzare? Figurati, più si discute più sono contento :)

Smyslov ha detto...

A questo punto però mi incuriosisci. Perché non credi che Kubrick lo ritenesse un collaboratore fidato? Stiamo parlando di un uomo che è stato produttore di Arancia meccanica e produttore esecutivo di Barry Lyndon, Shining, FMJ e EWS. Kubrick, a mio modesto avviso, non avrebbe mai affidato un compito tanto delicato e importante ad un uomo di cui non si fidava completamente. Certo non escludo che Harlan abbia a cuore anche i propri interessi economici (un vizio, del resto, abbastanza comune), ma credo che il suo legame con Kubrick fosse genuino. Probabilmente però tu avrai altre informazioni di cui io non sono a conoscenza (forse tramite Emilio D'Alessandro? ;))

In ogni caso per quanto riguarda il confronto e la discussione, siamo perfettamente d'accordo : )

Smyslov ha detto...

(Errata corrige: "assistente del produttore" per Arancia Meccanica. La memoria mi ha ingannato).

Filippo Ulivieri ha detto...

Il tuo errore è indicativo. E sei già stato molto più attento della norma a precisare che JH era il produttore esecutivo: la maggior parte delle volte che viene identificato, negli incontri pubblici e negli scritti su quotidiani e periodici, viene chiamato produttore, e chiunque sa di cinema sa quanto la differenza sia abissale. Il produttore di SK era SK. Non escluderei che JH giocasse sull'equivoco per attribuirsi un ruolo maggiore. Le mie idee su JH derivano dalle chiacchierate con Emilio D'Alessandro, da quelle con Mario Maldesi e Riccardo Aragno, e dalla lettura di vari resoconti e documenti. Ovviamente mi rendo conto che le mie parole messe così suonano solo come gossip, e infatti dicevo che non è questa la sede per una discussione approfondita sull'entourage kubrickiano. In ogni caso, basta leggere il libro che ho scritto con Emilio e vedere una tra le tante interviste a Mario per iniziare a bilanciare la vulgata harlaniana degli ultimi anni.

Smyslov ha detto...

Mah, sono perfettamente d'accordo con te per quanto riguarda il ruolo di produttore. Sappiamo bene che le competenze di Kubrick andavano ben al di là della regia. Ho qualche perplessità in più in merito alla supposta malizia di Harlan. Non voglio certo difendere a spada tratta Harlan (che non conosco e sulla cui buona fede non potrei giurare) ma devo dire che non ho mai letto una sua dichiarazione che mi abbia fatto pensare ad un tentativo di attribuirsi un ruolo maggiore rispetto a quello effettivamente svolto. Al contrario ho letto sue dichiarazioni che tendevano a ridimensionare la sua posizione, per esempio queste:

http://thenewcinemamagazine.com/blog/2010/04/21/harlan-on-kubrick-from-%E2%80%98%E2%80%98barry-lyndon%E2%80%99%E2%80%99-to-%E2%80%98%E2%80%98eyes-wide-shut%E2%80%99%E2%80%99/

Non escludo che abbia avuto delle responsabilità nel caso delle infami edizioni home video dei film di Kubrick, ma mi pare più sensato attribuire questi errori all'inettitudine dell'uomo piuttosto che a delle calcolate e mefistofeliche macchinazioni.
Naturalmente si tratta di una mia sensazione e il tuo giudizio per me pesa, quindi approfondirò la cosa nei prossimi mesi.
Grazie della chiacchierata.

Filippo Ulivieri ha detto...

Grazie per il link all'intervista, che non avevo letto. Si presta anche bene a fare un esempio su come JH si racconta: all'inizio dice che, facendo parte del team multifunzionale di SK dove ciascuno faceva molto di più di quello che il proprio ruolo avrebbe richiesto, ha comprato a Venezia le maschere per Eyes Wide Shut.

Questa agile frase sintetizza il seguente processo: SK decide di utilizzare maschere veneziane dopo aver considerato altre ipotesi; SK chiede a Emilio D'Alessandro se conosce qualcuno a Venezia; Emilio propone i suoi cugini, la famiglia Del Greco; Edda, Barbara e Raffaele Del Greco ricevono istruzioni e inviano informazioni storiche sulle maschere e trascorrono settimane a fotografare qualsiasi modello in produzione e non tra tutti i negozi artigianali di Venezia creando un catalogo di riferimento; SK seleziona le maschere dal catalogo dei Del Greco; SK invia a Venezia JH e Edda lo accompagna per i negozi da lei visitati ad acquistare alcuni modelli per portarli a Londra; i Del Greco continuano ad acquistare e spedire altre maschere; JH torna a Venezia in un paio di negozi per comprare ulteriori maschere; SK resta in contatto con uno dei negozi per chiedere modifiche alle maschere; i Del Greco comprano e spediscono ancora maschere; SK invita Barbara sul set di Pinewood per ringraziarla del lavoro svolto.

La sintesi è certo necessaria, eppure questo continuo dire "io ero lì" e "io ho fatto questo" è funzionale alla costruzione della reputazione di JH che, pur non dicendo il falso, si fabbrica un'onnipresenza di ruoli e responsabilità nelle produzioni di SK che, unita alla parentela, gli garantisce un ruolo chiave.

Nulla di male a un livello personale: innumerevoli i casi in cui, morto l'artista, gli eredi si spartiscono meriti e onori. Ma quando questa aura di prestigio fatta ad arte viene infusa nelle operazioni da lui condotte e supervisionate dopo la morte di SK, ecco che si crea un problema: queste operazioni ricevono un'autorevolezza e perfino un imprimatur di kubrickianità quando non ce li hanno mai avuti. E questo è grave.

Smyslov ha detto...

Tutto quello che hai scritto è sacrosanto (anzi, grazie per l'eccellente ricostruzione del processo produttivo di EWS ;)). Tuttavia continuo a credere che l'opinione di Mario Maldesi nel corso della sua bellissima intervista, sia esagerata e di fatto infondata (Maldesi parla di una persona "vendicativa", che Kubrick tollerava solo per far piacere alla moglie). Tu sai bene quanto sia azzardato basarsi su pettegolezzi e voci di corridoio per formarsi un'opinione. Se avessimo fatto la stessa cosa con Kubrick (cioè se ci fossimo basati soltanto sulle dicerie e i pettegolezzi che circolavano intorno alla sua figura), ne sarebbe venuto fuori il ritratto di un pazzo paranoico asserragliato in una fortezza e incapace di sentimenti genuini e disinteressati. Anche perché la posizione di Harlan oggi fa gola a molti e le invide, si sa, sono benzina sul fuoco dei pettegolezzi. Per di più Harlan si è speso molto in questi anni al fine di diffondere una maggiore conoscenza dell'opera di Kubrick, spesso con progetti originali e degni di nota. Penso a A Life in Pictures che, seppur onnipresente e abusato, rimane sempre un documentario valido, che tra l'altro ha contribuito a resituire umanità alla figura di Kubrick. Inoltre anche a te, se non sbaglio, è piaciuto il libro dedicato ad AI e, sebbene non sia privo di difetti, il libro sul Napoleon è stato un evento. L'intervento sul doppiaggio di FMJ rimane uno "sfregio" (come lo definisce Maldesi), ma credo sia il frutto della palese incapacità dell'uomo, e forse di un certo suo narcisismo che non mi sento senz'altro di escludere. Purtroppo per gestire l'eredità di Stanley Kubrick ci vorrebbe un altro Stanley Kubrick.

Filippo Ulivieri ha detto...

Senza voler insistere, puntualizzo solo che Mario Maldesi non è (anzi, sfortunatamente, non era) uno a caso ma uno che ha lavorato strettamente e lungamente con SK, su ogni film dal 1971 al 1999, le cui opinioni, sempre peraltro motivate da fatti, non possono essere liquidate come pettegolezzi o voci di corridoio. Maldesi, come anche Emilio (per citare i due a cui facevo riferimento prima), sono due collaboratori che hanno vissuto in prima persona e per lunghi anni il clima attorno SK, facendo parte del suo gruppo di lavoro. Insomma, sanno quel che dicono.

La definizione di Mario suona esagerata solo perché decontestualizzata. Per quel che so, non mi sento di dire che sia infondata.

Sul discorso che la posizione di JH faccia gola a molti e generi invidie: in realtà a parte qualche italiano nessuno contesta il suo ruolo, che viene preso acriticamente come quello del più stretto collaboratore di SK. Non c'è quindi ragione per le invidie.

A Life in Pictures è sicuramente un progetto utile alla divulgazione, peccato sia spudoratamente parziale. A.I. From Kubrick to Spielberg era un ottimo libro, ma tutto il meglio veniva da altri e non da JH, il cui contributo principale anzi insisteva sulla consegna del progetto da SK a SS, colossale bufala di marketing che ancora non è stata mondata. (Linko la recensione perché avevo scritto altre mie perplessità sulla presenza di JH in quel libro, marginale eppure dannosa, marginale eppure in copertina come autore, o vanitas.)

Insomma, come dicevo all'inizio: al momento mi pare di contribuire ai pettegolezzi perché non è questa la sede più adatta per un discorso ragionato e completo sul post-Kubrick, tuttavia non ho soffocato questa discussione perché continuo a credere fermamente che anche solo leggendo con occhio un po' critico i vari contributi di JH e le varie produzioni video-bibliografiche, si debba ammettere che non sia certo tutto rose e fiori, anzi tutt'altro, e che qualcosa scricchioli - e parecchio - nel mausoleo costruito dagli Harlan.

Anonimo ha detto...

intervengo del tutto a sproposito nella discussione:

"Purtroppo per gestire l'eredità di Stanley Kubrick ci vorrebbe un altro Stanley Kubrick."

AMEN.

riemergo dal mio torpore segnalandovi, se vi interessano, un paio di libri su cui ho messo le mani recentemente con contenuti 2001escamente interessanti:

http://mitpress.mit.edu/books/lab-coats-hollywood
e http://metapsychology.mentalhelp.net/poc/view_doc.php?type=book&id=6086

magari li avevate già letti o addirittura recensiti.. io per ora sono all'inizio di entrambi. Mitpress sopratutto mi sembra una garanzia di qualità.

buon 2001+12, "see you next wednesday"

Simone Odino

Smyslov ha detto...

@Simone Odino: grazie per i testi, sembrano interessanti. Vedrò di procurarmeli.

@Filippo: Non voglio prolungare oltre la discussione (che comunque credo sia interessante un po' per tutti). Mi limito a segnalare che è Maldesi stesso a dire di aver saputo da altri cose non proprio positive sul conto di Harlan.

Saluti a tutti.

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