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19 ottobre 2009

Promozione italiana sul Napoleon

Ieri, sull'inserto domenicale di Repubblica c'erano un paio di pagine di promozione per il libro sul Napoleon, due articoli per dare un'infarinatura sugli anni di preparazione del progetto e raccontare ai profani chi era il regista Stanley Kubrick.

Il primo articolo, firmato da Carlotta Mismetti Capua, combina un'intervista al sempre pronto Jan Harlan con alcuni estratti dagli appunti e dalle note scritte da Kubrick a margine dei vari libri, frammenti di quel che sarà contenuto nei dieci librini inseriti nel "volume monstre" (come viene definito nell'articolo) della Taschen.
Un'opera fuori misura, come il film: dieci libri con migliaia di fotografie di location, vestiti e tabacchiere, annotazioni, bibliografie storiche, la sceneggiatura e tutta la corrispondenza e i suoi appunti. Qui è rimasto quello che avremmo visto nel film che mai vedremo. L'amore, la gloria, la vanità e il genio di Napoleone, guardato negli occhi da Kubrick. In una di queste note aveva scritto una frase di Francis Bacon: "È impossibile amare ed essere saggi." In un'altra scrive: "N: non aveva un piano. Era intossicato dal potere. Non lo considero uno dei migliori o dei più onorabili uomini della storia, solo uno dei più interessanti." Ma sull'onore di un tale genio aveva dubbi, come conferma una delle minute: "Forse è così: il più grande maestro di scacchi non può battere il peggiore giocatore in meno di un certo numero di mosse." Kubrick era stato un maestro di scacchi, e forse considerava Napoleone solo un gambler.
Jan Harlan, oltre a ripetere che il film è realizzabile – "Non dubito che questo film si possa ancora fare," dice compiaciuto chiamando a rapporto Ang Lee e Ridley Scott come aveva già fatto sul Sunday Times – ci dice quale secondo lui è l'oggetto più curioso conservato da Kubrick negli scatoloni di ricerca:
"Le unghie di legno dei cavalli. Si era fissato su queste unghie dopo aver saputo che i russi usavano unghie di legno per coprire gli zoccoli dei cavalli. Ma i russi avevano ragione: a quelle temperature senza le unghie di legno Napoleone perse ventimila cavalli. E la guerra."
Il secondo articolo, scritto da Antonio Gnoli, è un pezzo di apprezzabile critica cinematografica, sporcato tuttavia da una serie di triviali aneddoti sulle manie del regista, per altro inventati in larga parte di sana pianta:
Negli ultimi anni sviluppò una fobia per le infezioni. Sospettava di ognuno e temeva gli effetti indesiderati della realtà. Aveva acquistato un paio di pistole e girava con un coltellaccio nella borsa per paura di essere aggredito. Aveva smesso di guidare l'auto e sentiva montargli il panico ogni volta che doveva viaggiare in aereo. Smise a un certo punto di prenderlo. Quegli occhi scuri e un po' sbarrati, che davano al suo largo volto la forza di un radar, sembravano smarrirsi nel vuoto. Contrastava questo stato d'animo con altre ossessioni. Cominciò a prendere appunti su tutto. Moltiplicò la maniacalità sul lavoro, sul set, nella vita. Come il suo alter ego Napoleone, cercò fino all'ultimo la perfezione ben sapendo che l'errore umano era in agguato in ogni scelta, in ogni gesto.
Francamente sono proprio stufo di vedere che il giochino del regista pazzo non si è fermato neppure dopo dieci anni dalla morte di Kubrick. Questa idea dell'uomo reso inabile dalle ossessioni esplorate dal regista, già di per sé speciosa, risulta stucchevole già alla seconda lettura. Chissà cosa deve succedere perché si possa finalmente passare ad altro. E' un peccato perché nella parte centrale, quando Gnoli si concentra sull'opera di Kubrick senza andare a sguazzare nella mitologia d'accatto, l'articolo tocca anche degli ottimi punti di critica:
Kubrick era pessimista circa le possibilità che il genere umano si potesse in qualche modo redimere. Le guerra descritta in Orizzonti di Gloria e Full Metal Jacket, la violenza esplosiva di Arancia Meccanica e Shining, la follia grottesca di Dottor Stranamore, il gesto di sopraffazione criminale che apre 2001: Odissea nello Spazio, la nera attrazione erotica che governa Lolita e Eyes Wide Shut, l'inganno e il cinismo raccontati in Barry Lyndon mostrano un percorso complicato, ma visibile, del modo in cui l'animo umano sembra prediligere gli inferi al cielo. La maniera imperturbabile con cui Kubrick ha raccontato tutto questo ha indotto alcuni critici a scorgere in lui una perversa attrazione per la crudeltà umana. Ma quello che è passato a volte per compiacimento è in realtà, fin dall'inizio, cioè fin da Rapina a Mano Armata, l'impossibilità di esprimere un giudizio morale, e di trovare una verità umana convincente.

Cinema dentro gli scatoloni, Carlotta Mismetti Capua, La Domenica di Repubblica 18.10.2009
L'uomo che voleva essere imperatore, Antonio Gnoli, La Domenica di Repubblica 18.10.2009

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