Commento audio di Malcolm McDowell e di Nick Redman
Come per tutte le altre tracce di commento sono assenti i sottotitoli. La chiacchierata tra i due risulta interessante: McDowell racconta aneddoti su Kubrick, scene girate e poi scartate al montaggio, cambi di produzione e momenti di comicità improvvisata, mentre lo storico Nick Redman fornisce informazioni di contesto sulle altre parti della produzione, come i costumi, la scenografia e le location. E' praticamente un miracolo che McDowell non insista più di tanto nei soliti racconti già detti innumerevoli volte alla stampa e negli altri documentari ma tiri fuori dalla sua memoria una incredibile quantità di racconti inediti, e pure divertenti. Inoltre, libero di potersi esprimere e dilungare a piacere, risulta anche un acuto e intelligente osservatore del film finito, regalandoci riflessioni sulla sua struttura, sul peso degli attori nelle singole scene, sul ritmo e l'arco drammatico di ciascuna interpretazione e sulla direzione fermamente perseguita da Kubrick in ogni scena. Assolutamente da ascoltare.
Still ticking
Si tratta del documentario di Paul Joyce The return of A Clockwork Orange, presentato con un diverso titolo e minimi cambiamenti, realizzato in occasione dell'uscita del film in Inghilterra nel 2001, dopo un bando durato circa 30 anni, con testimonianze di scrittori, registi, sociologi e critici cinematografici che discutono sull'impatto del film sulla cultura dell'epoca e sulle decisioni a volte ipocrite della censura inglese. Tra gli intervistati Malcolm McDowell, Alexander Walker, Sam Mendes e due registi di film che hanno trattato il tema della violenza giovanile, Mary Harron di American Psycho e Tony Kaye di American History X. Complessivamente più sobrio delle altre opere girate da Paul Joyce, è rovinato solo da alcuni effetti grafici sugli sfondi delle interviste. Mi piace pensare che Joyce abbia letto il mio vecchio commento sugli imbarazzanti titoli di coda in cui l'enorme fallo bianco del film fluttuava sul Tamigi sulle note di Tchaikovski e li abbia eliminati qui in favore del classico rolling.
Great Bolshy Yarblokos! The making of A Clockwork Orange
Featurette di Gary Leva sulla genesi del film, dalla sceneggiatura all'uscita nelle sale. La testimonianza più interessante è quella di Bernard Williams, produttore associato del film, che si trovava sul set al momento delle riprese e racconta con intelligenza le scelte artistiche e il carattere di Kubrick. Anche le pur brevi apparizioni di Milena Canonero, del montatore Bill Butler e della truccatrice Barbara Daly garantiscono uno sguardo veritiero sulla lavorazione del film. Gli altri testimoni — un gruppo che comprende tutta una serie di critici e registi cinematografici, chi più chi meno interessante — parlano attorno al film con aneddoti poco distanti dai consueti luoghi comuni. Menzione speciale per Sydney Pollack e John Calley della Warner Bros.: è sempre un vero piacere ascoltarli raccontare le proprie esperienze con Kubrick.
O Lucky Malcolm!
Documentario di Jan Harlan sulla vita e la carriera di Malcolm McDowell, dai suoi esordi teatrali al ritiro nella villa in Italia. Curiosamente non viene menzionato con il relativo titolo ma sotto "Intervista con Malcolm McDowell", eppure il documentario aveva girato anche qualche festival con il sempre presente Jan a promuoverlo con finta modestia. Ad ogni modo, è certamente un piacere ascoltare quell'inguaribile affabulatore di Malcolm McDowell raccontare se stesso e chi gli è capitato sulla strada — ma non per un'ora e mezza. Fino a Io, Caligola è lui a portare avanti il racconto imbastendo un one-man show sui suoi ricordi davvero irresistibile (imperdibile la scenetta comica ai danni di un imbarazzato Mike Kaplan), poi, un po' come la carriera stessa di McDowell, complici film sempre più sconosciuti e testimonianze di registi, attori suoi colleghi, familiari e amici, il documentario si affloscia trasformandosi in un'elegia di poco o nullo interesse condita con frammenti di film invariabilmente troppo lunghi. Ma quel paraculo di McDowell un sorriso te lo strappa sempre. Jan Harlan aveva fatto meglio con A Life in Pictures: d'altra parte aveva a disposizione ben altra materia. Qui di tocco registico individuabile resta il classico montaggio introduttivo a tempo di raffinata musica classica, come si confà a un fine conoscitore di grande competenza quale si ritiene — ma forse non così sterminata visto che utilizza per tutti i momenti intimi lo stesso pezzo già inserito in A Life in Pictures sull'infanzia di Kubrick.
Considerato il corretto rapporto video, il trasferimento anamorfico, il commento audio e gli altri contenuti extra, questo DVD è sicuramente da preferire alla vecchia edizione del 2001.
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